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SOS tatuaggi
07.12.2025 - 09:00
Foto di repertorio
Un nuovo studio internazionale rilancia il dibattito sulla sicurezza dei tatuaggi e sul loro impatto sul sistema immunitario. La ricerca, guidata dalla ricercatrice italiana Arianna Capucetti e coordinata da Santiago González, è stata pubblicata su PNAS e ha analizzato il comportamento dei pigmenti più comuni – nero, rosso e verde – all’interno dell’organismo dei topi.
Pur non essendo ancora estendibili con certezza all’essere umano, i risultati aprono interrogativi importanti sulla capacità dei pigmenti di restare a lungo nei tessuti e sui possibili effetti per le difese immunitarie.
Gli scienziati hanno osservato che le particelle d’inchiostro migrano rapidamente dal punto del tatuaggio ai linfonodi, accumulandosi nelle prime ore dopo l’applicazione. Questo processo ha attivato una risposta immunitaria in due fasi: una prima fase acuta, durata circa 48 ore, seguita da una fase cronica potenzialmente molto lunga nei roditori.
Durante la fase cronica, i macrofagi — le cellule specializzate nel “ripulire” l’organismo — inglobano i pigmenti senza riuscire a degradarli. Proprio questa incapacità potrebbe portare nel tempo alla morte delle cellule coinvolte, un fenomeno riscontrato soprattutto con i pigmenti neri e rossi.
Secondo l’ipotesi del team, l’inchiostro potrebbe rimanere intrappolato nei linfonodi anche per anni, entrando in contatto con nuove cellule immunitarie e influenzandone potenzialmente la funzionalità. Se confermata anche nell’uomo, questa dinamica potrebbe spiegare alcuni casi di rigonfiamento linfonodale osservati nei soggetti molto tatuati.
La ricerca sviluppa anche un’ipotesi ancora tutta da verificare: una possibile riduzione dell’efficacia dei vaccini in persone con molti tatuaggi, dovuta al carico di pigmenti presente nei linfonodi. Si tratta, precisano gli autori, di uno scenario preliminare che richiederà studi mirati.
La grande varietà di inchiostri in commercio rende difficile tracciare una valutazione univoca. Già nel 2022 l’Italia aveva ritirato dal mercato nove formulazioni contenenti sostanze considerate potenzialmente cancerogene, segno della necessità di controlli continui e rigorosi.
Il tema non è nuovo: nel 2017 uno studio guidato da Ines Schreiver e pubblicato su Scientific Reports aveva documentato la presenza di particelle di inchiostro non solo nei linfonodi, ma anche nel sangue, nelle arterie e nelle vene, soprattutto le più piccole, capaci di depositarsi stabilmente nei tessuti.
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