Una vera e propria storia millenaria, racchiusa in una bottiglia di vino, il Friularo che Calore è riuscito a scoprire
Si chiama “Memoria di acqua terra – La storia del vin Friularo” il nuovo libro di Nicolò Calore, presentato ai sindaci del conselvano nell’incontro a villa Ca’ Sagredo, promosso dall’associazione Interaesse con la Conselve Vigneti e Cantine e il sostegno di Banca Generali. Una vera e propria storia millenaria, racchiusa in una bottiglia di vino, il Friularo che Calore è riuscito a scoprire. Roberto Lorin, presidente della cantina conselvana, ha sottolineato proprio l’impegno dei sindaci del territorio per questo prodotto tipico, conosciuto più all’estero che in Italia, che dal 2019 è nella élite dei vini con il prestigioso marchio Docg. “Lo abbiamo chiamato Friularo Ambasciatore proprio perché rappresenta la nostra migliore tradizione - ha spiegato Lorin - quello che un tempo era vino da taglio, usato per migliorare altri vini, oggi è un’eccellenza. Il libro mette insieme i tasselli di una storia che parte da lontano”. Nicolò Calore ha spulciato i più svariati documenti per ricostruirla e per trovare la conferma che il Friularo è il vino dei padovani per eccellenza. “E’ come guardare un tappeto dal lato che poggia sul pavimento: si possono notare le trame e gli intrecci della storia. Ecco allora che in un documento di mille anni fa, un contratto per un terreno, si fa esplicito riferimento alla coltivazione della vite fra Conselve e Piove di Sacco. Per secoli dalle corti benedettine di Legnaro e Correzzola partiva una gran quantità di vino, destinato agli altri monasteri di Padova e a Venezia, per essere anche imbarcato nelle navi come “vin da viajo”.I monaci di Santa Giustina lo donarono a Federico II di Svevia durante la sua visita a Padova nel 1239. Nel Cinquecento il Ruzante lo cita espressamente in una sua orazione come “vin sgarboso” (raboso) prodotto nel “Pavan”, la campagna padovana”. Cristina Lazzarin
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