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Intralci burocratici
08.08.2024 - 16:16
La sentenza è stata emessa il 5 agosto
Rovigo, una tranquilla cittadina del Polesine, è diventata il teatro di una complessa vicenda giudiziaria che ha visto protagonista una sessantenne straniera residente in Italia da oltre dieci anni. La donna, il cui nome non è stato reso noto, ha visto respinta la sua richiesta di cittadinanza italiana dal Tar del Lazio. La sentenza, resa pubblica il 5 agosto scorso, ha sollevato un dibattito acceso sulla giustizia e l'integrazione degli stranieri nel nostro Paese. La vicenda ha avuto inizio il 11 maggio 2015, quando la donna ha presentato la sua richiesta di cittadinanza al Ministero dell'Interno. Dopo tre anni di attesa, il 16 maggio 2018, è arrivata la risposta negativa. Da allora, la donna ha vissuto in un limbo, sperando che la giustizia potesse darle ragione. Ma la sentenza del Tar del 5 agosto ha infranto le sue speranze, costringendola a chiedere nuovamente il rinnovo del permesso di soggiorno.
IL GIUDIZIO DEL TAR
Il Tar del Lazio è stato chiaro e inequivocabile nel suo verdetto: "Non è affidabile e non si è integrata nel nostro tessuto sociale". Ma cosa ha portato i giudici a una decisione così drastica? La risposta risiede nei precedenti penali dei due figli della donna, che hanno collezionato una serie di reati tra il 2009 e il 2016. Secondo il Tar, l'acquisizione della cittadinanza da parte della madre potrebbe agevolare i comportamenti illeciti dei figli, rendendo impossibile la loro espulsione. Il casellario giudiziario del primo figlio è particolarmente pesante: tra il 16 marzo 2009 e l'11 gennaio 2016, ha accumulato quattro patteggiamenti e una messa in prova per reati che vanno dalla ricettazione alla guida in stato di ebbrezza, passando per estorsione e spaccio di sostanze stupefacenti. Quest'ultima accusa è stata condivisa anche dal secondogenito, che il 30 marzo 2012 ha patteggiato la pena per spaccio. Questi precedenti hanno pesato come un macigno sulla richiesta di cittadinanza della madre. I giudici hanno sottolineato che "la stabilità parentale ed affettiva potrebbe indurre l’interessata ad agevolare anche solo per ragioni affettive i comportamenti dei figli ritenuti in contrasto con l’ordinamento giuridico".
LA DIFESA DELLA DONNA
L'avvocato Gianluca Pertoldi, del foro di Rovigo, ha difeso la donna sostenendo che il rigetto del ministero è "viziato" e che nella sentenza del Tar non viene spiegato in che misura la sua cliente avrebbe contribuito o agevolato la condotta illecita dei figli. Pertoldi ha annunciato che entro fine mese deciderà se ricorrere al Consiglio di Stato per far valere ancora una volta le richieste della sua assistita. "L'orientamento in appello potrebbe cambiare", ha dichiarato il legale, lasciando aperta una porta alla speranza.
IL FUTURO DELLA DONNA
Ora, la sessantenne dovrà decidere se continuare la sua battaglia legale o accettare la decisione del Tar. Il suo avvocato, Gianluca Pertoldi, sembra determinato a portare il caso al Consiglio di Stato, sperando in un ribaltamento della sentenza e portando avanti un travaglio giuridico che si protrae da nove anni.
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