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Turismo vandalico

Spezzata la coda al Leone di Martalar a Tarzo, Zaia: “Non una bravata ma un’offesa a tutti noi”

Il presidente del Veneto condanna il gesto vandalico contro la scultura in legno inaugurata solo un mese fa: “Ferisce l’anima del popolo veneto, ma il Leone tornerà a guardare le nostre colline”

Una turista appesa alla coda del leone per una foto

Una turista appesa alla coda del leone per una foto

Un atto vandalico che non può essere liquidato come semplice bravata. Nella notte a Fratta di Tarzo, sulle colline del Prosecco patrimonio Unesco, mani ignote hanno spezzato la coda del grande Leone alato realizzato da Marco Martalar con legno e tralci di vite recuperati dopo la tempesta Vaia. L’opera era stata inaugurata lo scorso 6 agosto, diventando subito simbolo di resilienza e identità veneta.

Durissima la reazione del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che parla di “oltraggio” e non solo di danno materiale:
“Chi ha colpito il Leone non ha ferito un’opera d’arte, ma l’anima del nostro popolo. Non è un semplice pezzo di legno: è la rappresentazione della nostra storia, della nostra fierezza e della nostra dignità. Questo gesto è un’offesa a tutti noi, alle nostre radici e ai nostri valori. Il Leone sarà riparato e tornerà a mostrare tutta la sua forza, perché in lui c’è l’anima del Veneto: la capacità di rinascere dopo le ferite”.

Un richiamo, quello del governatore, rivolto anche ai tanti visitatori che nelle ultime settimane hanno preso d’assalto la scultura:
“A tutti i meschini che si arrampicano per un selfie o per una goliardata – avverte Zaia – dico che è ora di imparare il rispetto. Non vorremmo arrivare a dover installare telecamere in un luogo come questo: sarebbe un fallimento culturale prima ancora che pratico”.

Delusione e amarezza anche nelle parole dell’autore, Marco Martalar, che ricorda lo spirito con cui crea le sue opere:
“Il problema non è il tempo, la neve o il vento, ma le persone che non hanno rispetto. Si può fare una foto anche senza toccare, salire o appendersi. Le mie sculture sono libere, appartengono alla comunità e vanno protette come una montagna, un bosco o un lago. La bellezza è fragile e sta a noi custodirla”.

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