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Salute e prevenzione
12.11.2025 - 16:27
«Il diabete è una malattia silenziosa, subdola e costosa, non solo per chi ne soffre ma anche per il sistema sanitario». In occasione della Giornata Mondiale del Diabete, il professor Gian Paolo Fadini, direttore dell’Unità di Malattie del Metabolismo dell’Azienda Ospedaliera – Università di Padova, ha voluto lanciare un appello alla prevenzione e alla diagnosi precoce.
«Per ogni tre casi noti, c’è almeno una persona che ha il diabete senza saperlo», ha spiegato Fadini. Una condizione che spesso non mostra sintomi fino a stadi avanzati, quando i livelli di zucchero nel sangue diventano pericolosamente alti o compaiono le prime complicanze. «Capita che i pazienti arrivino tardi alla diagnosi, quando il danno è già fatto. Molti restano increduli: “Non sapevo nemmeno di avere il diabete”».
Per questo, secondo il professore, è fondamentale rafforzare gli screening e sensibilizzare sia la popolazione che i medici di base. «Serve un doppio livello di prevenzione: scoprire i nuovi casi e, tra chi è già diagnosticato, individuare subito i segnali di complicanze per evitarne gli esiti peggiori».
Negli ultimi anni si registra anche un aumento del diabete di tipo 1, sia negli adulti che nei bambini. Le cause, spiega Fadini, non sono ancora chiare: «Si ipotizza che l’obesità possa favorire l’insorgenza della malattia. Inoltre, assistiamo a un generale incremento delle malattie autoimmuni come il diabete».
Ma tra le ipotesi più accreditate, quella che Fadini ritiene la più influente è la questione igienica: «Vivendo in ambienti troppo puliti, il sistema immunitario è meno stimolato da virus e batteri e tende a reagire in modo anomalo. Questo può favorire l’aumento delle malattie autoimmuni, come il diabete di tipo 1».
Il tema scelto quest’anno è “Benessere e diabete sul posto di lavoro”, un argomento di grande attualità. «Riceviamo segnalazioni di persone penalizzate sul lavoro solo perché diabetiche – racconta Fadini –. Ma non ci sono ragioni per escludere o ridurre le loro mansioni, se la condizione è ben controllata». Serve, sottolinea, «un approccio più equilibrato e personalizzato, in collaborazione con la medicina del lavoro».
Un altro punto cruciale è la formazione dei giovani medici. «Nei corsi di Medicina e di Endocrinologia a Padova affrontiamo il diabete da tutti i punti di vista, anche umano e sociale», ricorda Fadini. E aggiunge con ottimismo: «Molti studenti scelgono di dedicarsi alla ricerca in diabetologia. È un segnale incoraggiante per il futuro».
Accanto ai dati scientifici, la testimonianza di Angelica Caramaschi, mamma di una bambina seguita all’Ospedale di Padova, dà voce a tante famiglie che hanno bimbi costretti a convivere con questa patologia sin da giovanissimi. «Essere madre di una figlia con diabete di tipo 1 cambia tutto: la quotidianità, le relazioni, il lavoro», racconta.
Dalla sua esperienza è nato il progetto social “L’arcobaleno di Sofia”, pensato per condividere la vita quotidiana con il diabete e sensibilizzare l’opinione pubblica. «Vogliamo mostrare la realtà di chi vive questa condizione ogni giorno – spiega –. Dietro ogni dato e ogni app c’è una persona, un bambino che impara a convivere con la malattia».
Angelica ricorda che la diagnosi è arrivata «come un fulmine a ciel sereno». Ora la tecnologia aiuta, ma serve educazione e consapevolezza: «Abbiamo dovuto insegnare a nostra figlia a usare lo smartphone per monitorare la propria condizione, perché l'insulina per lei è vitale ma una dose sbagliata potrebbe avere l'effetto opposto».
La giovane madre conclude: «Non chiediamo compassione, ma comprensione e conoscenza. Solo capendo davvero il diabete si può imparare a conviverci, e a viverci bene».
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