venerdì, 26 Aprile 2024
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Codevigo: Contro la violenza la cultura del dialogo

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Don Massimo FasoloRispondere alla cultura della violenza con la cultura del dialogo e della conoscenza, partendo anche dai piccoli gesti quotidiani. Di ciò ne è fermamente convinto don Massimo Fasolo, parroco della frazione di Conche, che nelle scorse settimane ha aperto le porte della sala parrocchiale per accogliere una festa di matrimonio speciale, che da queste parti definire inusuale è di certo un eufemismo. Protagonista è stata infatti una giovane coppia marocchina, di fede islamica, residente nella vicina Arzergrande che ha scelto la vecchia chiesa, ora sala parrocchiale, per condividere con amici e parenti la loro gioia e il loro amore. Qui ci sono arrivati tramite dei conoscenti che già avevano testato la disponibilità del parroco. Un esempio sicuramente di integrazione, in un modello di società che ormai sta cambiando anche nelle piccole realtà di campagna, dove tutto sembra essere più lontano, davanti alla quale non si può più rimanere indifferenti.

“E’ necessario imparare ad accogliere le persone – spiega don Massimo – come volto di Dio, superando le barriere di primo impatto basate sui pregiudizi legati alla razza, al ceto sociale, al colore della pelle e alla religione”. Una scelta che rientra in una visione precisa di cosa significa una comunità aperta a tutte le sue manifestazioni. Non è la prima volta infatti che la sala parrocchiale, dove ci sono ancora gli altari e i crocefissi, viene concessa anche a persone di un altro culto. D’altra parte qui tutti sono di casa perché trovano ospitalità società sportive, esibizioni musicali e culturali. “Nel complesso del nuovo patronato – tiene a precisare don Massimo – questi spazi sono gestiti direttamente dal parroco che decide come utilizzarli”.

Don Massimo non solo ha concesso i locali ma ha anche partecipato ad alcuni momenti della festa, facendosi coinvolgere dalla gioia dei presenti e di una coppia di giovani che guarda con speranza al futuro. Hanno partecipato un centinaio di invitati che hanno ballato, mangiato e reso onore agli sposini che già avevano in precedenza perfezionato legalmente la loro unione “Mi è servito – racconta il prelato – anche per conoscere aspetti di una cultura che non conoscevo come l’uso della sposa di cambiarsi di abito per sei volte. Sono rimasto affascinato dai colori dei vestiti e dal clima di gioia. Soprattutto poi dalla presenza di tanti bambini: mi ha colpito dall’ entusiasmo e dall’apertura alla vita di questi popoli”. Nel piccolo paese ovviamente l’evento non è passato inosservato, tanto da suscitare opinioni differenti.
“Confesso che qualcuno, sia tra gli anziani sia anche tra i giovani – aggiunge don Massimo – mi ha espresso la sua perplessità per questa scelta. Molti altri invece sono rimasti entusiasti, condividendo e appoggiando la mia decisione sia manifestandomelo direttamente sia scrivendolo sul mio profilo presente sui social network. In ogni caso io proseguirò su questa strada”.

di Alessandro Cesarato