giovedì, 25 Aprile 2024
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Una riforma della formazione medica è sempre più urgente

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Il primo problema da affrontare è quello di archiviare l’attuale modello di formazione unico per l’insieme di queste professioni

Le riforme e la riorganizzazione sull’assistenza e la sanità procedono con la volontà di rafforzare le cure domiciliari e territoriali. Il Governo sta lavorando sui decreti legislativi per l’autonomia delle persone con disabilità, come previsto dalla legge delega approvata recentemente, la Regione Veneto ha messo a punto e sta lavorando sulla riorganizzazione delle reti di prossimità con l’investimento sulle Case e gli Ospedali di Comunità, specificamente previsti dal PNRR, con investimenti sulla rete territoriale: 99 “CASE DELLA COMUNITÀ” E 30 “OSPEDALI DI COMUNITÀ” che secondo l’assessore Lanzarin, saranno la “carta vincente, connubio tra sociale e sanità con più servizi per il territorio connesso”.

Preoccupa la carenza di assistenti familiari, personale socio sanitario e delle professioni sanitarie.

Riforme e riorganizzazioni sono sollecitate dalle parti sociali e anche dalle organizzazioni datoriali.

FederSpecializzandi nei giorno scorsi ha incontrato il Ministro della Salute ed ha ribadito l’Urgente necessità di una riforma della formazione medica.

“In questa occasione – dichiara il presidente di Federspecializzandi Michele Nicoletti abbiamo loro rappresentato le principali esigenze dei Medici Specializzandi, rappresentando anche a questo Governo la crucialità del tema della formazione Medica Specialistica. Servono inoltre importanti interventi volti ad incrementare l’attrattività generale della professione medica, valorizzando le branche che attualmente sono in maggiore sofferenza. Inoltre, devono essere introdotte maggiori tutele, non ultima l’applicazione dei benefici prescritti dalla legge 104/92.Apertura urgente di tavoli tecnici volti ad effettuare e condividere una reale programmazione delle risorse mediche necessarie per la sanità del futuro. E apertura ad una riforma della formazione medica che affronti in maniera organica la revisione dell’offerta formativa, aggiorni le incompatibilità professionali e cambi il paradigma della formazione da ospedalo-centrica ad una visione territoriale”.

Centrale è anche la valutazione della qualità della formazione specialistica e del percorso di accreditamento delle scuole. Vi è la necessità di supportare tecnicamente e amministrativamente l’Osservatorio Nazionale per la Formazione Sanitaria Specialistica. Risulta quindi necessario passare da un accreditamento solamente documentale su una parte delle scuole alla totalità delle sedi, utilizzando tutti gli strumenti possibili per esplorare e documentare abusi, illeciti e mal costume che tutti i giorni troppi colleghi devono sopportare.

Il tema riguarda tutte le professioni sanitarie. Secondo il padre della ‘riforma’ ed ex dirigente del Ministero della Salute Francesco Saverio Proia “Bisogna modificare l’organizzazione del lavoro in sanità avvalendosi delle competenze di queste professioni che adesso sono autonome e responsabili permettendogli di fare prestazione sempre più efficienti e tempestive per i cittadini”, e aggiunge: “C’è la necessità di costruire spazi dirigenziali per le professioni diverse dagli infermieri”

Il primo problema da affrontare è quello di archiviare l’attuale modello di formazione unico per l’insieme di queste professioni avendo il coraggio di affermare che sia necessaria una loro diversa articolazione che tenga realmente conto delle variegate specificità; in questo rientra anche la sfida sinora irrealizzata ma non impossibile di rivedere se alcune professioni posso essere unificate (l’esempio più semplice è audiometrista e audioprotesista) o considerarli una specializzazione ( come potrebbe evolvere l’infermiere pediatrico) e invece come possano rientrare in questa area professioni come l’odontotecnico e l’ottico-optometrista che stanno facendo anticamera da troppi decenni per evolvere da arti sanitarie a professioni sanitarie.

Per Marcello Bozzi Segretario (ANDPROSAN Associazione Nazionale Dirigenti Professioni sanitarie) occorre focalizzare l’attenzione anche sugli OSS Operatori Socio-Sanitari “non si tratta di una riorganizzazione da collegare alla mancanza di Infermieri ma, molto più semplicemente, di una riorganizzazione necessaria per consentire all’Infermiere di esercitare al meglio la funzione concettuale e programmatoria assistenziale (core disciplinare) e, parallelamente, di valorizzare l’operatività degli operatori di supporto (OSS) e di garantire una migliore risposta ai bisogni della popolazione.Vale la pena di ricordare che la formazione dell’Infermiere Generico di 40 anni fa era sicuramente inferiore al percorso formativo dell’OSS oggi … con la differenza che l’Infermiere Generico di quel lontano passato aveva una operatività maggiore rispetto all’OSS di oggi (43 anni fa)”.

“Nel 2003 – Accordo stato regioni del 16 gen – viene deliberato il percorso di formazione complementare per OSS+S (ma mai contrattualizzato). Oggi le Regioni Lombardia e Veneto ripropongono, con contenuti difformi, il medesimo percorso di formazione complementare, con possibili gravi problemi nell’ambito della mobilità degli operatori tra regioni diverse. Occorre interrompere i percorsi formativi in essere di OSA / ADB / etc. etc. (o riconoscere gli stessi come crediti per il nuovo percorso formativo dell’Operatore Socio Sanitario) ed occorre rivedere il profilo professionale e il percorso formativo dell’OSS (almeno 1.600 ore, in linea con le determinazioni europee), tenuto conto dei cambiamenti avvenuti nel sistema sanitario e nel sistema delle professioni sanitarie, inserimento anche gli OSS nel sistema ECM per la formazione continua”.

Sottolinea il Segretario dell’ANDPROSAN “è il momento delle decisioni: forti – coraggiose – rapide”.

Giulia Sciarrotta

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