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25.05.2025 - 12:26
Hamado con la sua famiglia al rientro in Burkina
Dopo venticinque anni trascorsi nell’ombra, senza una vera identità e senza un luogo da poter chiamare casa, Hamado Guebre ha finalmente ritrovato se stesso. E, soprattutto, ha ritrovato la sua famiglia. È tornato in Burkina Faso, accolto come un figlio perduto e ritrovato, tra le braccia di una madre anziana e malata che non aveva mai smesso di aspettarlo. Hamado oggi ha 47 anni. Era arrivato in Italia nel 1999, dopo un primo passaggio in Francia e un anno in Germania con un visto turistico. Per quasi dieci anni ha lavorato in un’azienda di Galliera Veneta. Poi, nel 2008, la svolta: la perdita del lavoro, il tracollo, il vagabondare. Senza più un tetto, né documenti validi, la sua vita è scivolata ai margini. I problemi psichici che lo affliggevano da tempo lo hanno reso ancora più fragile, fino a renderlo invisibile. Eppure, in quella deriva silenziosa, qualcuno si è fermato ad ascoltarlo.
Antonietta Baù, ex assistente sociale e volontaria della Caritas, lo ha incontrato una mattina alla stazione di Cittadella. Parlavano entrambi francese, ed è in quella lingua che Hamado le ha confidato il suo più grande desiderio: tornare a casa. «Mi ha detto che voleva rivedere sua madre, che si sentiva perso ma che non aveva mai dimenticato da dove veniva», racconta Antonietta. Da quel momento, lei ha deciso di fare di tutto per aiutarlo. È iniziato un lavoro di ricostruzione paziente. Grazie a uno zio e a un cugino che vivono a Fontaniva, Antonietta è riuscita a risalire alle vere generalità di Hamado, smentendo le false identità con cui era stato registrato. Per anni le autorità italiane avevano tentato inutilmente di identificarlo: anche i decreti di espulsione erano rimasti inapplicabili, perché il consolato del Burkina Faso non trovava corrispondenza nei dati forniti.
Determinante è stata anche la collaborazione del comandante della polizia locale del Distretto Pd1a, Gledis Sambugaro: «Quando ho saputo che c’era una possibilità di ricostruire l’identità di quest’uomo, ho voluto che si muovesse ogni passo possibile. Non era giusto che restasse intrappolato in un limbo». Su sua richiesta, la famiglia in Burkina Faso ha inviato una lettera formale, in francese, per chiedere il rientro di Hamado. L’8 aprile scorso, l’ultimo passo. Accompagnato in questura a Padova, da lì è stato trasferito all’aeroporto di Malpensa. Destinazione: Ouagadougou. Per la prima volta dopo 25 anni, Hamado ha viaggiato con documenti autentici. All’arrivo, ad attenderlo c’era tutta la sua famiglia, e una madre che finalmente ha potuto stringere di nuovo il figlio.
«Non ha mai fatto del male a nessuno», dice ancora Antonietta. «Ma ha vissuto in condizioni disumane, dormendo nei fossi, tra le sterpaglie. Eppure c’è sempre stato qualcuno che gli offriva un pasto, un po’ di umanità».
Silvia Bergamin
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