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16.06.2023 - 11:43
Oggi sono 60 circa i ragazzi presi in carico dal Centro, altrettanti quelli in lista d’attesa, dai 10 anni in su, con un’età media di 17 anni. L’equipe tratta la diagnosi con un approccio multidisciplinare come spiega ancora il professore. “Dobbiamo non solo diagnosticare la patologia nel giovane atleta, spiega, ma poi dobbiamo anche comunicarla, sia allo sportivo che ai genitori. Il loro coinvolgimento è necessario anche perché, spesso, possono essere loro i portatori della patologia magari congenita. Questa è la cosa più difficile da accettare”. Si tratta infatti di “terminare” un sogno o una carriera sportiva sulla quale magari si era puntato. “In effetti qui sta il nodo – continua Sarto – i giovani possono continuare a fare sport ma in modo differente. Per questo abbiamo il supporto della dottoressa Vanessa Cavasin, psicologa dell’Unità. Li alleniamo, li formiamo, li seguiamo, in modo che non si sentano abbandonati, serve una rete di assistenza globale, anche e soprattutto con i genitori che coinvolgiamo nell’assistenza”. Quattro sono stati infatti i corsi di formazione per 60 famiglie con figli cardiopatici. La diagnosi viene fatta attraverso la collaborazione delle società sportive e l’utilizzo di macchinari diventati sempre più sofisticati. Oggi in Italia ci sono 60 mila eventi cardiaci all’anno, uno ogni 9 minuti, la prevenzione quindi non è mai troppo poca. “I ragazzi attenzionati sono tutti inseriti all’interno di una rete - spiega la direttrice del Suem 118 Marialuisa Ferramosca – in modo che se succede un evento già sappiamo la loro storia o l’intervento da fare nel momento dell’emergenza. L’equipaggio che esce in ambulanza o in elicottero per prestare soccorso sa già come muoversi e questo è fondamentale, insieme all’uso del defibrillatore, per salvare vite”. Intervista al professor Patrizio Sarto https://www.youtube.com/watch?v=rYwkOq5FWwEEdizione
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