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La città e il verde

“Stiamo esaurendo le aree pubbliche, i cittadini piantino alberi nei terreni privati”

Intervista ad Alessandro Manera, vicesindaco con delega alla sostenibilità ambientale

“Stiamo esaurendo le aree pubbliche, i cittadini piantino alberi nei terreni privati”

Il vicesindaco di Treviso Alessandro Manera

Dopo la pandemia sono state messe a dimora oltre 2mila piante, ma per Istat la città è maglia nera per presenza di spazi pubblici verdi. “Rispetto agli altri, siamo capoluogo piccolo di una provincia vasta. Con la Grande Treviso il nostro verde diventerebbe tantissimo”

“Dopo la pausa della pandemia abbiamo iniziato a realizzare un piano di forestazione urbana importante, con la piantumazione di oltre duemila piante e di rimboschimento di aree verdi, perché a seconda della specie ogni albero equivale a cento-centocinquanta metri di erba, ma in più vanno valutati fattori come lo scambio di CO2, la cattura delle PM10, l’ombra e il conseguente non riscaldamento del terreno. Progressivamente stiamo variando le specie arboree, rispetto a quelle autoctone finora utilizzate. I motivi sono l’assenza di acqua per lunghi periodi, le temperature e la tipologia di radici. Lo si può già vedere nei principali viali, con un capitolo a parte per i pini marittimi di viale Cesare Battisti, che costituiscono un elemento difforme rispetto al resto della città. Basta guardare alla vicina Città Giardino, che non ha certo pini marittimi. Quella scelta è stata un errore”.

Vicesindaco, quali sono i nuovi progetti in cantiere?

“Abbiamo un problema. Stiamo esaurendo le aree pubbliche. Pertanto abbiamo chiesto ai cittadini di piantare alberi nei terreni privati, anche grazie all’iniziativa ‘Adotta un albero’, regalato dal Comune. Certo, non abbiamo il potere di imporre la piantumazione”.

E nelle nuove lottizzazioni?

“Chiediamo la compensazione, anche in maniera forte. Va detto comunque che ormai, viste le temperature e i conseguenti costi di irrigazione e manutenzione, quasi più nessuno sceglie di avere nel proprio giardino il prato all’inglese. Si preferiscono gli alberi”.

Nelle ultime due edizioni del Festival Biblico sono stati portati esempi di come le piazze di Treviso, nella fattispecie piazza Duomo e piazza Rinaldi, potrebbero essere trasformate in bosco urbano. Idee sulle quali il sindaco a suo tempo ha espresso grandi apprezzamenti. Si tratta di eventuali progetti sui quali serve lungimiranza e radicalità. Resteranno solo idee o potrebbero concretizzarsi?

“La lungimiranza l’abbiamo, il nostro piano del verde è un progetto in divenire. Ma è chiaro che servono per prima cosa risorse. Sottolineo l’assurdità che sul verde pubblico l’Iva sia al 22 per cento, quando un Comune non ha la possibilità di scaricarla e quindi è solo un costo. Ci vorrebbe un’azione di riduzione magari al 5 per cento, così da poter reinvestire”.

La vostra maggioranza politica è la stessa che governa l’Italia…

“Non è così semplice. Bisogna far passare il messaggio all’Europa che sull’equilibrio di bilancio il verde deve essere visto come una compensazione ambientale e non una manutenzione ordinaria. È una questione ‘bilancistica’ globale”.

L’Istat ha recentemente consegnato alla città la maglia nera in Veneto per la disponibilità di parchi e giardini pubblici. Come risponde?

“In realtà siamo l’amministrazione comunale che ha ridotto l’utilizzo del cemento. Apro una parentesi per spiegare che molte delle aree che sulla carta i cittadini vedono verdi in realtà sono edificabili per diritto dei privati, a meno che il Comune non compensi con milioni di euro acquistando i terreni e rendendoli agricoli, cosa per cui non abbiamo le risorse. L’unico caso in cui un terreno pubblico edificabile lo abbiamo trasformato in parco è quello di San Paolo, che però appunto era già pubblico. Detto questo, è vero che Treviso ha un bassa percentuale di parchi e giardini pubblici, ma va tenuto conto che rispetto agli altri è un capoluogo molto piccolo di una provincia molto vasta. Con i 200mila abitanti della Grande Treviso il verde pubblico diventerebbe tantissimo. Oggi invece la nostra periferia termina con le case popolari”.

Il tema che ha acceso gli animi in questo settembre è stato senza dubbio il taglio dei pini marittimi in viale Battisti. Ci sono altre realtà simili in cui intervenire in futuro?

“La situazione di viale Battisti era una problematica a sé, con il 60 per cento degli alberi già andati giù naturalmente. Mi spiace, ma di fronte all’incolumità delle persone scelgo di abbattere le piante e di ripiantarle. Detto questo, c’è un rifacimento complessivo. Il problema vero è che, variando le temperature, dobbiamo rivedere i posizionamenti in termini di aiuole e di abbeveraggio, che ha un costo enorme”.

Al posto dei pini marittimi cosa pianterete?

“Alla Soprintendenza abbiamo fatto tre proposte: querce, lecci e tigli. Al momento loro preferiscono le querce per una questione visiva, mentre a me piacciono di più i lecci, ambientalmente migliori”.

Non ha risposto sulla potenziale trasformazione di piazza Rinaldi.

“È un’ottima idea. Un progetto che si può studiare, anzi che sta andando in essere, ma sul quale il Comune non può procedere senza il vaglio della Soprintendenza”.

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