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Aumento record della spesa militare nel 2023, proseguono le manifestazioni pacifiste per la pace tra Palestina e Israele

Bandiera della Pace

Numerose le iniziative promosse in tutta Italia a sostegno di percorsi di Pace in Palestina. Fra le ultime, nel pomeriggio del 27 ottobre, vi sono state manifestazioni silenziose in cui poter ribadire tutta l’urgenza di attivare percorsi di non violenza e pacificazione per i popoli israeliano e palestinese. Iniziative cui si è aggiunta la proposta di giornata di digiuno e preghiera per lo stesso 27 ottobre indetta da Papa Francesco, nell’anniversario dell’Incontro interreligioso del 1986 di Assisi. 

“Israele-Palestina: fermiamo la violenza, riprendiamo per mano la pace è il titolo del documento, sul quale si sono basati i contenuti delle manifestazioni, promosso dalla Coalizione “Assisi Pace Giusta” che ha raccolto numerose adesioni.

Le iniziative sono state proposte con l’intento di rafforzare le richieste della società civile italiana: la pressione sul Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite chiedendo intervento per attivare un cessate il fuoco, fermare le violenze e garantire aiuto umanitario (oltre alla convocazione Conferenza di pace che risolva, finalmente, la questione Palestinese applicando la formula dei “due Stati per i due Popoli) e lo stimolo a realtà sia palestinesi sia israeliane ad attivarsi congiuntamente per rendere evidente la loro contrarietà rispetto a chi agisce con violenza contro la Pace.

Simbolo dello sforzo collettivo di pacificazione è stata la bandiera della Pace.

I dati diffusi dall'Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri) rilevano che nel 2023 sono stati spesi spesi in armamenti 2.443 miliardi di dollari, pari a 2.293 miliardi di euro. Mai così tanti. 

L’equivalente del 2,3% del Prodotto interno lordo globale. L’incremento è stato del 6,8% in un anno. 

«Non c’è zona del mondo in cui le cose siano migliorate» osserva Nan Tian, ricercatrice del Sipri.

In valore assoluto, i 15 Stati che nel 2023 hanno speso di più sono, nell’ordine: Stati Uniti (860 miliardi di euro, +2,3% rispetto al 2022), Cina (278 miliardi, +6%), Russia (102 miliardi, +24%), India (78,6 miliardi, +4,2%), Arabia Saudita (71,2 miliardi, +4,3%), Regno Unito (70,4 miliardi, +4,3%), Germania (62,8 miliardi, +9%), Ucraina (60,9 miliardi, + 51%; inoltre ha ricevuto 32 miliardi di aiuti), Francia (57,6 miliardi, +6,5%), Giappone (47,2%, +11%), Corea del Sud (45 miliardi, +1,1%), Italia (33,3 miliardi, -5,9%), Australia (30,3 miliardi, -1,5%), Polonia (29,7 miliardi, +75%) e Israele (25,8 miliardi, +24%). Gli Stati Uniti coprono da soli il 37% della spesa mondiale e il 68% di quella della Nato.

Ma se si va a guardare quanta della propria ricchezza ogni Stato spende in armamenti (rapporto spesa militare/Pil), fatta eccezione per il presunto 16% della Corea del Nord, la più militarista appare l’Ucraina (37%), seguita da Algeria (8,2%), Arabia Saudita (7,1%), Russia (5,9%), Oman (5,4%) e Israele (5,3%).

La spesa militare italiana dal 2014 è aumentata del 31%, risultando pari all’1,6% del Pil. A livello di Unione Europea, si sono spesi quasi 295,2 miliardi di euro: +20% sul 2022, + 50% in dieci anni. Gli europei coprono il 28% della spesa dei 31 Paesi della Nato, che ammonta a 1.260 miliardi (55% del totale mondiale).

Giulia Sciarrotta 

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