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Sanità e diritto all'aborto: l'attacco alla legge 194

Erika Baldin (M5S) denuncia la convenzione tra l'ULSS 6 Euganea e il Movimento per la Vita di Camposampiero, che autorizza la propaganda anti-aborto negli ospedali

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Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio Regionale

Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle al Consiglio regionale del Veneto, esprime preoccupazione per la recente convenzione sottoscritta tra l’ULSS 6 Euganea e il Movimento per la Vita di Camposampiero, un accordo che, secondo la Baldin, rischia di minare i principi della legge 194/1978, che garantisce il diritto all'interruzione volontaria della gravidanza.

La convenzione, siglata il 23 dicembre, prevede una collaborazione per il sostegno delle donne in difficoltà a seguito di gravidanza, maternità o aborto. Tra le attività previste dall’accordo c'è anche l'informazione sul Centro di Aiuto alla Vita, il supporto materiale alle madri in difficoltà e la possibilità di affiggere materiale informativo all’interno degli ospedali e nei distretti sanitari. Baldin denuncia, però, che tale iniziativa potrebbe aprire le porte alla propaganda anti-aborto all’interno degli ospedali, mettendo in discussione i diritti delle donne.

«Mi chiedo se altre realtà del volontariato, come i consultori pro-choice, godano dello stesso trattamento», commenta la consigliera, sottolineando come questo accordo si inserisca in un disegno più ampio di attacchi alla legge 194. Baldin fa riferimento al disegno di legge promosso da Fratelli d’Italia e recentemente approvato dal Senato, che autorizza le associazioni pro-vita ad entrare nelle strutture sanitarie pubbliche per dissuadere le donne che desiderano abortire.

«Il movimento anti-aborto non si ferma qui», avverte la capogruppo del M5S. «Nel Parlamento si stanno cercando di estendere i diritti giuridici all'embrione e di costringere le donne ad ascoltare il battito cardiaco del feto prima di procedere con l’interruzione».

Un altro aspetto preoccupante per Baldin è l'elevato numero di medici obiettori in Veneto, in particolare nella provincia di Padova, dove il 72,7% dei medici si rifiuta di praticare l’aborto. Secondo i dati disponibili, che risalgono al 2021, la situazione si fa ancora più critica tra gli anestesisti, con un tasso di obiezione del 43,1%.

La legge 194, infatti, prevede che le Regioni siano responsabili di garantire l’accesso alle procedure di interruzione volontaria della gravidanza, anche ricorrendo alla mobilità del personale sanitario. «Invece, in molte strutture venete le donne si trovano a dover affrontare difficoltà enormi, e talvolta sono costrette a viaggiare per ricevere le cure necessarie», denuncia la Baldin.

Per questi motivi, la capogruppo del M5S ha presentato una proposta di legge regionale, che prevede l’introduzione di un numero minimo di medici non obiettori per garantire l'accesso all’aborto in ogni ospedale e in ogni turno. Inoltre, la Baldin aveva già ottenuto, in passato, che tra i criteri di valutazione dei direttori generali delle ULSS venete fosse inclusa l'effettiva possibilità di applicare la legge 194 nelle strutture sanitarie.

«Non possiamo più permettere che siano le donne a dover affrontare ostacoli insormontabili per esercitare un diritto che la legge ha garantito loro da oltre quarant’anni», conclude Erika Baldin, rinnovando l’appello alla Regione Veneto per un intervento concreto a tutela del diritto all’aborto.

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