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L'intervista
29.01.2025 - 07:08
Il dottor Ponzin con il personale dell’Ambulatorio di Fondazione Banca degli Occhi
Va in pensione dopo un’intensa carriera lo storico direttore della Banca degli occhi Diego Ponzin. Un’avventura iniziata nel ‘93, ma che tarderà a concludersi: il dottore è stato eletto Presidente della Fondazione che da oltre 30 anni ridona la vista attraverso il trapianto, lo studio e la cura delle malattie oculari.
Dottore, com’è iniziata la sua avventura alla Banca degli Occhi?
“Tutto è iniziato da un incontro fortuito con il professor Rama, pioniere dei trapianti di cornea in Italia. Quando mi parlò di voler realizzare una Banca degli Occhi frequentavo ancora l’università e ne fui molto entusiasta. Mai mi sarei aspettato che le cose prendessero una piega così grande”.
Guardandosi indietro, come descriverebbe questi 31 anni alla Banca?
“Entusiasmanti, se potessi ricominciare da zero lo farei! Sono stati anni intensi, in cui ho conosciuto personalità spiccate e visionarie, che mi hanno trasmesso molto”.
Indirettamente ha ridato la vista a migliaia di persone. Loro cosa le hanno restituito in termini umani?
“Il mondo delle donazioni implica una componente emozionale fortissima perché parte dall’esperienza dolorosa del lutto. D’altro canto, nel mio lavoro ho la fortuna di assistere a tutto il processo di guarigione, prima e dopo il trapianto. Quando i pazienti condividono la loro gioia per il risultato la soddisfazione è immensa”.
Restando in tema donazioni, quali sono le iniziative di sensibilizzazione?
“Organizziamo diversi eventi e concerti per informare la cittadinanza sulla possibilità di donare. Essendo un tema molto delicato, cerchiamo di veicolare il messaggio in contesti piacevoli e leggeri. Per finanziare la ricerca, il progetto più significativo è quello del vino Santa Lucia, che in 15 anni ci ha permesso di raccogliere quasi mezzo milione”.
Un riscontro non da poco..
“Non è l’unico caso in cui abbiamo sentito la vicinanza dei cittadini. Nel 2019 la Fondazione ha subito un danno pesantissimo a causa di un furto e nelle successive due settimane abbiamo raccolto oltre 50mila euro in donazioni. È stata un’esperienza molto forte”.
Oltre a essere un medico, è anche bassista e scrittore di gialli, tre aspetti apparentemente molto distanti. Riesce a trovare un fil rouge?
“Penso che per essere un buon medico sia necessario alimentare anche la parte umana di sé. In questo senso la musica e la letteratura sono fondamentali”.
Da dove nasce la passione per il giallo?
“Mi affascina molto l’idea di partire da una serie di indizi che intrecciandosi portano a una soluzione. In effetti, come mi ha fatto notare un amico, è analogo al lavoro del medico che da una serie di sintomi arriva alla diagnosi”.
Pro e contro di una vita così impegnata?
“A volte ci si può sentire sovraccaricati o poco conclusivi, ma mi piace vivere intensamente e sono disposto ad assumermi il rischio”.
Giulia Turato
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