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Migrazione: le politiche di integrazione generano crescita economica

Secondo il documento dell’Area Studi di Mediobanca occorrono una prospettiva a lungo termine e “un ceto politico e relativo elettorato, pazienti”

“I trend demografici consolidati in molti paesi occidentali, tra i quali l’Italia, mettono in luce da tempo diverse criticità: l’invecchiamento complessivo della popolazione, il suo calo e l’assottigliamento della quota in età lavorativa”. Così inizia il documento pubblicato il 20 dicembre dall’Area studi di Mediobanca, con il titolo esplicito.

Il report prosegue notando che, a partire dal 2000, “i fenomeni migratori hanno assunto una nuova prospettiva: quella di possibile strumento compensativo dell’avverso quadro demografico e delle sue deleterie conseguenze economiche”. Tradotto in altre parole, considerato il calo della natalità nei paesi occidentali, le politiche di integrazione possono compensare il deficit ed evitare le gravi ripercussioni economiche a cui si andrebbe inevitabilmente incontro.

Mediobanca intende avvertire i gruppi dirigenti sui danni prodotti da un’ottica di breve termine: “le politiche di migrazione pagano, ma prima vanno pagate”, mentre i benefici si vedranno “solo dopo almeno un decennio”. Continua sottolineando che occorre “un ceto politico e relativo elettorato, pazienti”.

Un punto sulla carenza di manodopera è offerto dal rapporto del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) di pochi giorni fa, intitolato “Demografia e forza-lavoro” a cura di Alessandro Rosina, demografo e professore all’Università Cattolica di Milano.

Il punto di partenza è un allarme: da qui a trent’anni “il rischio concreto è una riduzione di quasi otto milioni di italiani in età occupabile”.

Trent’anni possono sembrare un periodo lungo e lontano, ma il declino è già in atto se si considera che negli ultimi anni, “ad aumentare è solo la platea di occupati in età matura, mentre è diminuita sensibilmente sotto i 50 anni”.

Ed a proposito di “migrazione sostitutiva” sono entrati in gioco anche l’ONU con un suo documento-studio sulla “Replacement Migration” e l’Economist che scrive “mentre il resto del mondo invecchia, l’Africa diventerà una fonte cruciale di lavoro”.

Giulia Sciarrotta

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