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"Non è successo (ancora) niente": Nicolò Targhetta presenta il suo nuovo libro

Il blogger e scrittore padovano presenta la nuova opera con la compagnia teatrale Deppostorie

Nicolò Targhetta, scrittore e blogger edito da Becco Giallo

Nicolò Targhetta, scrittore e blogger edito da Becco Giallo

La generazione nata tra gli anni '80 e i '90 è spesso dipinta come una generazione sconfitta dalla vita, priva di aspettative e ambizioni, nata troppo presto per incarnare la rivoluzione digitale e troppo tardi per beneficiare del boom economico del dopoguerra. E forse, un fondo di verità in questo stereotipo c'è. Ma si tratta anche di una generazione che del cinismo e del fatalismo ha fatto un emblema, che, se brandito con ironia, diventa un'arma potentissima.

Ed è un'arma che ormai da quasi dieci anni il blogger Nicolò Targhetta usa per tracciare esilaranti quadri di vita quotidiana, ridicolizzare la società in cui viviamo ed esaltarsi in voli pindarici tra risate e amare riflessioni.

Tra un romanzo e l'altro, lo scrittore padovano è tornato allo stile che ha distinto i suoi esordi e l'ha reso famoso a livello nazionale: il racconto breve. Spesso dialoghi, a volte monologhi, da leggere in pochi minuti ma che offrono spunti di riflessione per ore a venire.

"Non è successo (ancora) niente" è una raccolta di questi racconti, in parte scelti tra i pezzi scritti per la pagina Facebook e in parte inediti, proprio come la sua opera prima ("Non è successo niente", il cui titolo coincide col nome della pagina) uscita nel 2019 e "Dialoghi impossibili" del 2021.

Alle 20.00 di venerdì 21 marzo, lo scrittore sarà alla sede della compagnia teatrale Deppostorie, in via Pinali 24, per presentare l'opera e scambiare due parole con il pubblico, con la sua verve caratteristica, il suo umorismo tagliente e la massiccia dose di disagio che, dice, non lo abbandona mai.

Intanto, l'autore ci ha anticipato l'introduzione di questo suo nuovo libro che, pur non essendo "passabile di denuncia" (parole sue) come molti altri pezzi, rende bene l'idea di cosa il lettore dovrà aspettarsi.

Faccio parte di una generazione, quella nata a metà degli anni Ottanta, che è alla festa da trent'anni, ma deve ancora parlare con qualcuno. Se ne sta da una parte, appoggiata al muro, col bicchiere in mano cercando un modo per rompere il ghiaccio. È una generazione a cui, da piccola, è stato detto che sarebbe potuta diventare qualsiasi cosa. Poi, da grande, le è stato fatto notare che forse era il caso di iniziare a prendere in considerazione quel posto da commessa. Una generazione malamente incastrata fra gli yuppies e i millennials. Fra il denaro e le idee. In anticipo per qualche cosa, in ritardo per tutto il resto. Un mio amico ci chiama i “via da” perché dice che siamo bravissimi a sapere cosa non vogliamo e incapaci di definire concretamente quello che vogliamo. Io sono d'accordo. In parte. È innegabile che le cose ci siano un po' crollate addosso. Ma chissà, potrebbe essere la nostra forza. Credo che non saremo mai la generazione che appiccherà il fuoco e, quasi sicuramente, non saremo la generazione che lo spegnerà. Però siamo la generazione che sa cosa non vuole perdere nell'incendio. La generazione che sa cosa vale la pena salvare.

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