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Chirurgia d’emergenza: missione lampo dei medici di Cittadella in Kosovo

Un team dell’ospedale veneto vola a Peja per salvare una giovane donna con una grave lesione alle vie biliari

Chirurgia d’emergenza: missione lampo dei medici di Cittadella in Kosovo

I medici in azione

Un intervento d’urgenza, un viaggio improvviso e una vita salvata: è la storia della missione chirurgica che ha visto protagonisti il dottor Giovanni Alfonso Recordare e la dottoressa Rubina Palumbo, specialisti dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Generale dell’Ospedale di Cittadella. Lo scorso venerdì, i due medici sono partiti per il Kosovo per eseguire un delicato intervento alle vie biliari su una giovane paziente, operata con successo sabato e già in fase di recupero.

Un’emergenza internazionale

La richiesta di aiuto è arrivata dall’Ospedale di Peja, che da anni collabora con le strutture sanitarie venete grazie a un progetto avviato dopo la guerra dei Balcani. La paziente presentava una grave lesione alle vie biliari, una delle complicanze più temute in chirurgia addominale, soprattutto dopo un intervento di colecistectomia. “Si tratta di situazioni complesse che possono verificarsi ovunque, anche negli ospedali più attrezzati”, spiega il dottor Recordare. “La gestione ottimale richiede un approccio multidisciplinare e chirurghi con esperienza specifica, perché un errore potrebbe avere conseguenze devastanti, fino alla necessità di un trapianto di fegato".

Un’operazione ad alto rischio

Nei contesti con risorse limitate, come quello kosovaro, la chirurgia diventa spesso l’unica speranza. “Lavorare in queste condizioni significa non poter sbagliare nulla”, sottolinea Recordare. Nonostante le difficoltà, l’intervento è riuscito perfettamente e la paziente ha potuto riprendere ad alimentarsi già il giorno successivo.

Un legame che dura nel tempo

La collaborazione tra l’Ospedale di Peja e la Regione Veneto ha radici profonde: dopo la guerra, l’Italia ha contribuito alla riqualificazione della struttura sanitaria kosovara con un progetto finanziato dal Ministero degli Esteri. Anche se il programma ufficiale si è concluso più di dieci anni fa, il rapporto tra i professionisti è rimasto solido e, in caso di emergenza, i chirurghi veneti vengono ancora chiamati per affrontare i casi più critici.

Oltre all’aspetto medico, queste missioni rappresentano un’importante occasione di crescita per i giovani professionisti. “Quando vado in Kosovo porto sempre con me qualcuno dei miei collaboratori”, racconta Recordare. “Per loro è un’esperienza formativa straordinaria, sia dal punto di vista professionale che umano”. E la dottoressa Palumbo lo conferma con una battuta che racchiude il senso di questa avventura: “Non mi lamenterò mai più di non avere la pinza giusta durante un intervento”. Ma l’emozione più forte l’ha vissuta nel momento in cui ha visto la gioia dei familiari della paziente, dopo ore di attesa e preoccupazione. “Questi sono momenti che ripagano di ogni sforzo”, conclude Recordare.

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