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Parità di genere

Poste Italiane: parità di genere sì, ma le madri lavoratrici restano sotto pressione

L'azienda simbolo del progresso italiano delude le aspettative sulle politiche di conciliazione vita-lavoro per le donne

CGIL Veneto denuncia il trattamento delle donne in Poste Italiane

CGIL Veneto denuncia il trattamento delle donne in Poste Italiane

Poste Italiane, uno dei colossi economici italiani con oltre 124.000 dipendenti e un utile netto annuo superiore ai 2 miliardi di euro, è un esempio per molte aziende. Tra i suoi successi vanta la certificazione UNI/pdr 125:2022 sulla parità di genere, un impegno pubblico dichiarato a favore delle politiche di inclusività. Eppure, la realtà per molte donne, in particolare per quelle che devono conciliare il lavoro con le difficoltà familiari, sembra ben diversa.

Le difficoltà delle madri lavoratrici sono emerse in modo evidente in Veneto, dove diverse richieste di agevolazioni per conciliare la vita familiare con quella lavorativa sono rimaste senza risposta. Nonostante l'immagine aziendale promuova un'inclusività che include la parità di genere, molte dipendenti si trovano costrette a rivolgersi al sindacato o addirittura alla Consigliera di Parità regionale per ottenere diritti minimi come orari più flessibili o un semplice cambio di mansione.

Marco D’Auria, Segretario regionale di Poste Slc Cgil Veneto, ha dichiarato che "Poste Italiane, così attenta alla propria immagine, si trincera dietro il muro di gomma" di fronte a richieste legittime da parte di madri single, vedove e famiglie in difficoltà. Una contraddizione evidente, considerando che l'azienda ha le risorse per rispondere positivamente alle necessità di conciliazione, ma sembra non volerlo fare.

L'assenza di risposte concrete ha portato il sindacato a sollecitare ripetutamente la direzione regionale, ma ad oggi, molte delle situazioni sono ancora in attesa di una soluzione, con un alto numero di casi che coinvolgono soprattutto donne della provincia di Padova. Tra queste, ci sono Elena, Rossella, Anna e Mara, tutte con storie simili: madri sole o figlie di genitori disabili, che chiedono modifiche minime nell’orario di lavoro o nel posto di servizio per poter adempiere ai loro doveri familiari, ma trovano solo porte sbarrate.

“Continueremo a difendere i diritti di chi, con fatica, aggiunge al lavoro in Poste anche il lavoro di cura”, afferma D'Auria, sottolineando che una realtà come quella di Poste Italiane dovrebbe essere un esempio di responsabilità sociale, ma invece spesso si rivela disattenta alle reali necessità delle famiglie.

L'azienda, che dovrebbe incarnare un modello di innovazione e progresso, si trova dunque a dover affrontare una questione che va ben oltre la semplice parità di genere, ma riguarda la capacità di sostenere realmente le donne, in particolare quelle che sono anche madri o caregivers, in un contesto lavorativo sempre più ostile.

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