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Sicurezza in crisi
11.04.2025 - 17:10
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Ieri, 10 aprile, si è celebrato il 173° anniversario della fondazione della Polizia di Stato. Come da tradizione, l’occasione è servita a illustrare all’opinione pubblica i numeri ufficiali delle attività svolte nell’ultimo anno. Tuttavia, dietro le cifre fornite, si celano costi umani e sociali che non trovano spazio nelle celebrazioni istituzionali.
È il sindacato FSP, insieme ad altre sigle, a portare alla luce la realtà che vive quotidianamente il personale della Questura di Padova. Lo fa attraverso dati raccolti tra giugno 2024 e febbraio 2025, emersi grazie all’accesso agli atti delle varie articolazioni interne. I numeri sono impietosi e pongono interrogativi non solo sull’efficienza, ma anche sul senso di alcune strategie operative.
L’impiego massiccio di agenti per il mantenimento dell’ordine pubblico – dagli stadi ai concerti, dalle manifestazioni ai cortei – è considerato inevitabile. Ma davvero si può continuare a distogliere personale da uffici già in sofferenza per garantire presidi nelle cosiddette “zone rosse”? A farne le spese sono reparti cruciali come l’Anticrimine (competente per daspo, codici rossi e antimafia), l’Immigrazione e la Divisione Passaporti e Licenze. Mentre le zone “rosse” sono sorvegliate, la microcriminalità si sposta altrove, dove i controlli sono carenti.
La situazione ha ricadute evidenti: nel luglio scorso, alcuni agenti dell’ufficio passaporti hanno accumulato oltre 200 ore di straordinario per gestire la stampa e consegna dei documenti. Nell’Anticrimine, su 25 operatori, la presenza media in ufficio è di soli 5-10 giorni al mese. Il resto del tempo è speso in altri servizi, spesso non pertinenti al loro incarico originario.
Nel dettaglio, il periodo analizzato registra 137 cambi di turno retribuiti, 398 servizi di ordine pubblico concentrati tra Stazione e Portello, 218 servizi assegnati a un commissariato come Stanga con un organico minimo, e oltre 5.000 ore di straordinario solo nella Divisione P.A.S.I. (Passaporti, Licenze, Stranieri). E intanto i cittadini attendono: passaporti, porti d’armi, permessi – tutto rallenta, perché l’operatore è impegnato altrove.
Il quadro che emerge è quello di una gestione emergenziale diventata sistemica, dove lo straordinario è la regola e non l’eccezione. Dove i servizi “straordinari” sono diventati routine. Dove gli agenti sono costretti a sacrificare vita privata, salute e motivazione, per compensare una pianificazione giudicata "miopica e disorganica".
Secondo il sindacato, il rischio è chiaro: se non si inverte la rotta, tra un anno – il 10 aprile 2026 – non si celebrerà più la Festa della Polizia, ma il funerale della sicurezza pubblica, e con essa della dignità di chi quella sicurezza cerca ogni giorno di garantirla, senza mezzi né riconoscimenti adeguati.
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