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Agricoltura veneta
16.04.2025 - 17:04
Immagine di repertorio
La soia, un tempo regina delle campagne venete, sta cedendo il passo al mais. È l’allarme lanciato da Confagricoltura Veneto, che evidenzia un progressivo abbandono della coltura proteica, falcidiata dalla cosiddetta sindrome dello stelo verde e da una preoccupante scarsità di sementi. Una situazione che spinge sempre più agricoltori a orientarsi verso il mais, ritenuto più sicuro e remunerativo.
“Negli ultimi anni si è accentuato il ‘mal verde’ – spiega Paolo Baretta, presidente della sezione proteoleaginose di Confagricoltura Veneto – ovvero una condizione legata alla siccità che induce la pianta a mantenere le foglie verdi per difendersi dallo stress climatico, impedendo però la formazione dei baccelli. Lo scorso anno abbiamo registrato perdite fino al 40%”.
Secondo l’esperto, la soluzione – in attesa di sementi più resistenti, già utilizzate con successo in Sudamerica – potrebbe essere quella di posticipare la semina a giugno, dopo la trebbiatura di frumento e colza. Un cambio di strategia che si va consolidando, nel tentativo di ridurre i rischi legati alle nuove condizioni ambientali.
La superficie coltivata a soia in Veneto, stando ai dati 2023 di Veneto Agricoltura, cala di circa il 10% all’anno e si attesta attorno ai 120.000 ettari. Le province più coinvolte sono Padova, Venezia e Rovigo, che da sole rappresentano il 70% delle superfici regionali. A complicare il quadro anche l’andamento dei prezzi, in ribasso, e le incertezze legate alla guerra dei dazi, che potrebbero spingere la Cina a rivolgersi all’Europa anziché agli Stati Uniti per l’importazione di soia.
Anche per altre colture proteiche la situazione non è rosea: la colza soffre le primavere troppo piovose e gli sbalzi termici, mentre il pisello proteico resta un’incognita. L’unica possibile alternativa potrebbe essere il girasole, ma in Veneto la mancanza di impianti di trasformazione ne frena la diffusione.
Il mais, invece, sta vivendo una stagione di rilancio, specialmente nel Basso Padovano, nel Veneziano e in Polesine, dove è già partita la semina. A trainare la coltura sono la richiesta di trinciato per biogas e quella di granella per l’alimentazione zootecnica. Anche il mais bianco, destinato alla produzione di farina da polenta, olio e pasta, gode di un buon mercato.
Il Veneto, primo produttore di mais in Italia, ha visto dimezzarsi in vent’anni le superfici investite, ma resta un pilastro dell’agricoltura regionale, con oltre 120.000 ettari coltivati lo scorso anno e una distribuzione concentrata tra Venezia, Padova, Rovigo e Verona.
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