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25 aprile
25.04.2025 - 14:18
Rovigo ha onorato l'80º anniversario della Liberazione il 25 aprile, con una celebrazione che ha avuto luogo nella sala consiliare di Palazzo Nodari, durante una seduta congiunta del Consiglio Comunale e del Consiglio Provinciale. A dare il benvenuto, è stato il presidente del Consiglio Comunale, Mattia Moretto, che ha diretto la cerimonia alla presenza di tutte le autorità civili e militari. Prima dei saluti, è stato osservato un minuto di silenzio in memoria di Papa Francesco. Successivamente, hanno preso parola il sindaco Valeria Cittadin, il presidente della provincia Enrico Ferrarese e il prefetto Franca Tancredi. Hanno seguito interventi significativi degli studenti dell'Università di Rovigo, rappresentati da Alessandro Secondi e Monsif Sobti, membri della Consulta Provinciale degli Studenti, e del noto giornalista e scrittore Gian Antonio Stella. La cerimonia si è poi trasferita in Piazza Vittorio Emanuele II, per l'alzabandiera, eseguito a mezz'asta in segno di lutto nazionale per il Papa, e per la deposizione delle corone presso la Gran Guardia. Questo è stato un momento solenne di riflessione e memoria, dedicato a rendere omaggio a coloro che hanno combattuto per la libertà e la democrazia della nostra nazione. Segue ora l'intervento del sindaco Valeria Cittadin:
"Cari concittadini, autorità civili, militari, religiose, oggi, in questo luogo che ci appartiene, siamo riuniti per commemorare l'anniversario della Liberazione d'Italia. È un giorno che rappresenta la fine dell'oppressione e l'inizio del riscatto. Ma ancor più, è un momento di memoria collettiva: in omaggio a chi ha lottato, a chi ha sofferto, a chi ha creduto in un'Italia diversa, libera, democratica. Nel 1943, dopo due decenni di dittatura, il nostro Paese fu investito da un duplice dramma: la capitolazione del regime fascista e l'invasione da parte della Germania nazista. L'Italia perse la sua sovranità, divenendo terra contesa e teatro di battaglie. L'alleato di un tempo si rivelò carnefice: intere città furono occupate, gli oppositori incarcerati o deportati, i civili colpiti duramente dalle rappresaglie. Anche Rovigo visse momenti difficili, segnati dal coraggio di molti e dal dolore di tutta la comunità. Eppure, proprio in quei frangenti, migliaia di italiani — militari allo sbando, giovani renitenti alla leva, madri, sacerdoti, lavoratori — fecero una scelta. Spesso privi delle medesime idee o degli stessi obiettivi politici, trovarono un'unità nella Resistenza, un movimento nato come profondo e spontaneo moto di dignità, una ribellione morale contro ingiustizia, oppressione e violenza.
Come disse Cavour, “fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani.” E forse fu proprio in quel tragico lasso di tempo, nel cuore del Novecento, che cominciammo realmente a riconoscerci come italiani. L'Italia, quella dei mille dialetti e dei mille campanili, ha sempre avuto un'identità frammentata, regionale, a volte persino diffidente verso l’idea di una nazione unita. Tuttavia, nei momenti più bui — durante la Prima e ancor di più durante la Seconda Guerra Mondiale — il sentimento di appartenenza iniziò a prendere forma. La guerra, seppur dolorosa, fu il crogiolo in cui si forgiò un nuovo senso di comunità. La Resistenza ne rappresentò il cuore morale. Unità non imposta, ma scelta. Un ruolo cruciale lo ebbero anche i cattolici: uomini e donne di fede, guidati dalla carità cristiana e dalla responsabilità civile. Le parrocchie divennero asili. I sacerdoti offrirono aiuto a perseguitati, partigiani, ebrei. I comitati di liberazione beneficiarono della presenza attiva e coraggiosa di molti credenti.
Oggi, in questo giorno di ricordo, non possiamo non rendere un pensiero commosso alla recente scomparsa di Papa Francesco. Un pastore il cui passaggio ha lasciato un segno indelebile nella nostra epoca. Con una voce mite ma risoluta, ha saputo parlare di pace, giustizia, fratellanza. Ha difeso i poveri, ha richiamato i potenti alla responsabilità, ha testimoniato l’essenza più autentica del Vangelo. Il suo insegnamento ci accompagni ancora oggi, riflettendo su quanto è stato compiuto e su quanto resta da fare per edificare una società giusta, libera, coesa.
Cari cittadini, la libertà non è mai scontata. È un bene fragile, che vive solo se siamo capaci di difenderlo quotidianamente, nelle istituzioni, attraverso il rispetto reciproco, nella verità. Celebrare il 25 aprile significa ricordare che qualcuno ha pagato per noi un prezzo altissimo. E che a noi spetta il compito di onorare quel sacrificio, non con la retorica, ma con l’impegno quotidiano per una comunità solidale, giusta, unita. Viva Rovigo, viva la Repubblica, viva l’Italia."
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