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Contaminazione da PFAS

Anche il vino sa di PFAS: contaminazione record nei calici italiani

Uno studio europeo parla di tracce di acido Tfa in Chianti, Prosecco e altri vini

L’Italia torna leader mondiale nella produzione di vino: export da record a 8,1 miliardi

Foto di repertorio

Quello che da secoli è simbolo di eccellenza e convivialità, oggi rischia di trasformarsi in un campanello d’allarme ambientale. Il vino europeo, incluso quello italiano, è stato contaminato da sostanze legate ai PFAS, i famigerati “inquinanti eterni”. A rivelarlo è una recente indagine condotta da PAN Europe (Pesticide Action Network Europe), che ha riscontrato nei campioni analizzati quantità significative di acido trifluoroacetico (Tfa), sottoprodotto chimico legato alla degradazione di alcuni fitosanitari.

Tra i vini finiti sotto la lente degli esperti ci sono nomi di prestigio: Chianti, Prosecco e Kalterersee, con concentrazioni che arrivano fino a 120 nanogrammi per litro, un livello che allarma. 

Un problema invisibile, ma ovunque

Lo studio ha coinvolto dieci paesi europei, rilevando che il Tfa è ormai largamente diffuso nei vini prodotti tra il 2021 e il 2024, mentre era completamente assente in quelli precedenti al 1988. Questo composto non si decompone naturalmente, e si accumula nel suolo, nelle colture, nelle falde acquifere e persino nell’organismo umano, rendendo la contaminazione non solo persistente ma anche progressiva.

Il report evidenzia una media di 122 nanogrammi per litro di Tfa nei vini esaminati, con punte oltre i 300 nanogrammi, e punta il dito verso la chimica agricola convenzionale come principale responsabile.

I vini analizzati: Italia tra i più colpiti

Nel dettaglio, il Chianti è risultato il vino più contaminato (120 ng/l) tra quelli italiani, seguito dal Prosecco (69 ng/l) e dal Kalterersee (43 ng/l). Tutti valori che, pur non avendo attualmente un limite ufficiale per il Tfa nel vino, mettono in discussione la sicurezza del prodotto e, soprattutto, i metodi produttivi su larga scala.

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