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Disagi burocratici

Veneto: la burocrazia mette a repentaglio i centri antiviolenza

La senatrice Stefani (Lega) lancia l’allarme: “Quindici strutture fondamentali per il supporto alle vittime potrebbero chiudere per cavilli burocratici”

La senatrice Erika Stefani

La senatrice Erika Stefani

Quindici centri antiviolenza attivi in Veneto rischiano di chiudere a causa di requisiti burocratici imposti dall’intesa siglata in Conferenza unificata Stato-Regioni il 14 settembre 2022. A lanciare l’allarme è la senatrice Erika Stefani, capogruppo della Lega in commissione Giustizia, che ha presentato un’interrogazione al ministro per la Famiglia, Eugenia Roccella, per chiedere un intervento urgente.

“Abbiamo voluto segnalare – dichiara Stefani – la delicata questione legata alla sopravvivenza dei centri antiviolenza domestica e di genere. In Veneto operano da tempo strutture che non solo accolgono e mettono in sicurezza le vittime di violenza, ma le accompagnano anche nel difficile percorso di recupero e reinserimento sociale. È inaccettabile che tutto questo lavoro rischi di essere spazzato via per colpa di norme troppo rigide”.

Secondo la senatrice vicentina, le nuove disposizioni rischiano di escludere molti enti del terzo settore che, pur svolgendo da anni un’attività fondamentale per la comunità, non sarebbero in regola con alcuni criteri formali. “Confidiamo nella sensibilità già dimostrata dal ministro Roccella su questi temi – conclude Stefani – affinché non venga disperso il prezioso lavoro fatto finora nella lotta alla violenza di genere”.

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