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Università
15.05.2025 - 11:50
Foto di repertorio
Dottorandi, ricercatori a tempo determinato, borsisti e tecnici: il cuore pulsante (ma spesso ignorato) dell’università italiana è sceso in piazza anche a Verona, come in numerose città del Paese, per partecipare allo sciopero nazionale del precariato universitario, organizzato dalle sigle FLC CGIL, USB, CUC e ADL Cobas.
Circa 150 persone, tra personale accademico non strutturato e tecnico-amministrativo, si sono riunite lunedì 13 maggio al Polo Zanotto per denunciare un sistema che si regge sul lavoro di chi, però, non ha né garanzie né prospettive. La mobilitazione è poi proseguita fino al Rettorato, alla mensa San Francesco, per concludersi nel polo scientifico di Ca’ Vignal, nel quartiere universitario di Borgo Roma.
Tra le istanze presentate alla governance d’ateneo, accolta per un incontro informale al Rettorato, spiccano:
l’abolizione del contributo annuo di 250 euro richiesto ai dottorandi,
l’istituzione di una rappresentanza precaria negli organi accademici,
diritti previdenziali e di maternità per i borsisti di ricerca,
percorsi reali di stabilizzazione per chi lavora da anni in condizioni provvisorie.
Contro tagli, guerre e precarietà: un dissenso trasversale
Lo slogan della giornata – “Contro tagli, guerra e precarietà” – ha fatto da filo conduttore a una protesta che ha unito anche docenti strutturati e studenti dell’associazione UDU, segno di una crescente consapevolezza sull’importanza di valorizzare ogni componente del sistema universitario.
Anche i candidati al rettorato, le cui elezioni si sono aperte martedì 13 maggio, hanno incontrato i manifestanti, esprimendo solidarietà e disponibilità ad accogliere le richieste, in un gesto che testimonia quanto il tema del precariato sia ormai centrale nel dibattito sul futuro degli atenei italiani.
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