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22.05.2025 - 12:30
Foto di repertorio
Mentre l’inflazione in Italia continua a crescere, toccando in media l’1,9% tra aprile 2024 e aprile 2025, il mondo agricolo padovano è alle prese con una crisi che si aggrava mese dopo mese. Il paradosso è evidente: i prezzi al consumo aumentano, ma i ricavi per i produttori agricoli scendono drasticamente.
Secondo l’analisi della Confederazione Italiana Agricoltori di Padova, il comparto primario sta vivendo una fase critica, in cui il valore aggiunto del prodotto finito viene assorbito quasi totalmente lungo la filiera. Ai coltivatori diretti rimane, nella maggior parte dei casi, appena il 10% del prezzo finale di vendita al dettaglio.
I dati raccolti parlano chiaro: rispetto a dodici mesi fa, il prezzo riconosciuto ai produttori è calato del 50% per le fragole (da 2 a 1 euro al kg), del 61% per i porri (da 1,30 a 0,50 euro), del 28,5% per il sedano (da 0,70 a 0,50 euro), e dell’11% per gli asparagi (da 4,5 a 4 euro al kg).
Unica nota positiva riguarda alcuni prodotti, come le carote, che hanno visto un incremento del 25%, e le cipolle bianche, cresciute addirittura dell’80%. Tuttavia, l’andamento generale rimane allarmante, con un forte squilibrio nella distribuzione dei margini lungo la catena del valore.
Il fenomeno mette in evidenza un problema strutturale del settore: la sproporzione tra quanto pagato dal consumatore e quanto incassato dall’agricoltore. La filiera si conferma troppo lunga, con passaggi intermedi che moltiplicano i rincari, spesso non giustificati né trasparenti.
Nonostante la crescita della vendita diretta – aumentata del 10% dopo la pandemia grazie ai mercati agricoli a filiera corta gestiti da Cia Padova – questa soluzione da sola non basta ad arginare il fenomeno. In tutta la provincia sono attivi solo undici punti di questo tipo.
Secondo Cia Padova, il tema del reddito agricolo non può più essere rinviato. È necessaria l’attuazione immediata delle misure previste nell’ultimo decreto sull’Agricoltura, tra cui una normativa contro la concorrenza sleale e l’istituzione di un ente nazionale in grado di vigilare sul mercato agroalimentare. Tra le pratiche più dannose si segnala la vendita sottocosto, che contribuisce a comprimere ulteriormente i guadagni degli agricoltori.
A pesare sul settore è anche l’eccessiva burocrazia. I produttori si trovano costretti a districarsi tra documentazione, pratiche amministrative e obblighi di rendicontazione che sottraggono tempo e risorse alle attività agricole vere e proprie. In un contesto socioeconomico sempre più dinamico, queste lentezze risultano anacronistiche e penalizzanti.
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