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L'intervista
23.05.2025 - 11:13
Il violinista Riccardo Penzo
Poco più di 20 anni e una laurea in violino conseguita con 110, lode e menzione d’onore. Il risultato di anni e anni di sacrifici, studio matto e disperatissimo e interi pomeriggi in compagnia del suo fedele strumento. Uno studio che non è passato inosservato (ma soprattutto inascoltato) ai vicini di Riccardo Penzo, che per anni hanno dovuto sopportare i suoi esercizi quotidiani, che spesso si protraevano per più di sette ore al giorno. E così il giovane studente, poco dopo la laurea, ha improvvisato un concerto di ringraziamento direttamente dalla sua terrazza, allietando dirimpettai e turisti con musiche di John Lennon, Morricone e Bach.
Riccardo, si può dire che il violino sia stata una compagnia molto presente nelle tue giornate (e i vicini lo possono confermare). Come descriverebbe il rapporto con il suo strumento?
“Quello che si crea con il proprio strumento, soprattutto nel caso di archi e fiati, è sempre un legame molto intimo e particolare. Come diceva il mio vecchio insegnante, è un po’ come fosse il prolungamento di noi stessi, sia a livello fisico che dell’anima. Per me è come un’amicizia… ma come in tutti i rapporti umani non sempre è tutto rose e fiori. Talvolta può diventare burrascoso perché magari lo strumento non risponde come il musicista vorrebbe oppure l’artista può non sentirsi adatto. È un percorso di crescita continua, che ti accompagna e ti trasforma ogni giorno".
Un percorso iniziato quando era piccolo piccolo.
“Sì, ho cominciato a suonare all’età di tre anni. Ero un bambino molto timido e i miei genitori cercavano un’attività che mi permettesse di relazionarmi con i miei coetanei in maniera diversa. Giocavo a calcio ma non mi trovavo molto bene...così mi mandarono in una scuola di musica. Dopo due anni di corsi propedeutici, è iniziata la mia avventura con il violino”.
E da quel momento, anni di studio quotidiano fino alla laurea a pieni voti al Conservatorio Tomaldini di Udine.
“Per la gioia dei miei vicini...che da anni sentono tutto quello che suono in casa. Soprattutto d’estate, con le finestre spalancate, mi sono spesso messo nei panni di chi mi ascolta dall’altra parte del muro. Anche perché non sempre si tratta di brani piacevoli...parliamo di scale, arpeggi e passaggi ripetuti all’infinito. Eppure ho sempre sentito molto calore e vicinanza da parte della comunità”.
E così è nata l’idea del concerto in terrazza.
“Sì, poco dopo la laurea, con i miei genitori ho imbastito un piccolo concerto nel mio terrazzo di casa. Insieme al mio amico e pianista Andrea Bacci abbiamo suonato brani di Bach, Morricone e John Lennon. Doveva essere un momento intimo, un regalo per esprimere tutta la mia gratitudine ai vicini di Calle Gamberi. Non mi aspettavo una risonanza così importante".
E invece quella domenica mattina ha fatto sognare non solo i suoi vicini, ma anche molti turisti.
"Sì, è stato davvero speciale. Ma non vorrei si perdesse il senso originario del mio gesto...moltissime testate giornalistiche mi hanno contattato e il riscontro mediatico è stato quasi esagerato. Il mio intento non era quello di mettermi in mostra e farmi pubblicità, ma esprimere tutta la mia gratitudine".
Un sogno nel cassetto?
"Rendere orgogliosi i miei genitori, che da sempre mi sostengono nel mio percorso e i miei insegnanti, che mi hanno insegnato a vedere la musica nella maniera più onesta possibile".
Giulia Turato
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