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Padova, un nuovo ambulatorio per la vulvodinia: la sanità veneta al fianco delle donne

Lanzarin: «Un grande passo avanti per la salute femminile»

Padova, un nuovo ambulatorio per la vulvodinia: la sanità veneta al fianco delle donne

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A Padova nasce un ambulatorio d’eccellenza dedicato alla diagnosi, alla cura e alla presa in carico delle donne affette da vulvodinia, una patologia cronica e invalidante che colpisce circa il 15% della popolazione femminile, con impatti profondi sia sul benessere fisico che su quello psicologico. L’iniziativa è stata presentata il 23 maggio all’Azienda Ospedale Università di Padova alla presenza dell’assessore regionale alla Sanità, Manuela Lanzarin, del direttore generale Giuseppe Dal Ben e della professoressa Alessandra Andrisani, responsabile del centro di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA).

Il nuovo servizio – operativo già dal 4 aprile – è frutto di un lavoro congiunto tra Regione, struttura ospedaliera e Associazione Brelù di Bassano del Grappa, attiva nella sensibilizzazione sulla vulvodinia. Un investimento in innovazione e competenze per dare risposte concrete a migliaia di donne, spesso lasciate sole di fronte a una malattia per troppo tempo trascurata o mal diagnosticata.

Un approccio integrato per una malattia invisibile

La vulvodinia è una condizione complessa, spesso difficile da riconoscere, che si manifesta con dolore, bruciore e ipersensibilità nell’area genitale, talvolta per anni prima di ottenere una diagnosi. Colpisce in prevalenza donne tra i 20 e i 40 anni e può compromettere la qualità della vita, la sfera sessuale e il desiderio di maternità.

«Questa malattia – ha spiegato Lanzarin – è stata a lungo ignorata o trattata erroneamente come un disturbo psicosomatico. Con questo nuovo ambulatorio multidisciplinare vogliamo cambiare radicalmente approccio: stiamo investendo nella salute riproduttiva e psicofisica della donna in modo strutturale e trasversale, includendo anche patologie meno note ma molto impattanti».

L’ambulatorio è parte integrante della UOSD PMA e propone percorsi terapeutici personalizzati, con il coinvolgimento di ginecologi, ostetriche, psicologi, fisiatri, fisioterapisti e specialisti in medicina della riproduzione. A supporto, anche due strumenti all’avanguardia: Ophelia, un sistema di radiofrequenza uroginecologica, e Liberty, per elettrostimolazione e biofeedback, per un investimento complessivo di 48.500 euro.

Ricerca e assistenza: una visione a lungo termine

Oltre all’assistenza clinica, la struttura padovana è anche sede di studi scientifici avanzati, tra cui uno sulla relazione tra microbiota e vulvodinia e un altro dedicato all’impatto della malattia sulla qualità della vita delle pazienti.

«Questo centro rappresenta un modello virtuoso di sanità pubblica al servizio delle donne – ha aggiunto Lanzarin –. Stiamo realizzando una strategia sanitaria che mette al centro il corpo e la mente della persona, con un’attenzione particolare a tutti quei disturbi che, troppo a lungo, sono rimasti invisibili».

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