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Salute e tecnologia

Parkinson: dall'UniPD una nuova nanotecnologia che rivoluzionerà le terapie

Un team internazionale coordinato dall’Università di Padova e da Bruxelles ha sviluppato una tecnologia che ripristina i ponti neuronali nei malati di parkinson

Immagine di repertorio

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Una svolta nella lotta contro la malattia di Parkinson potrebbe arrivare da un nuovo studio pubblicato su Nature Communications, che vede protagonisti ricercatori dell’Università di Padova e del Vib-Vub Center for Structural Biology di Bruxelles. Il gruppo ha messo a punto dei “nanocorpi”, frammenti di anticorpi derivati da camelidi, in grado di ripristinare la funzione di un enzima fondamentale per i neuroni, la glucocerebrosidasi, il cui malfunzionamento è uno dei principali fattori di rischio nella comparsa del Parkinson.

L’enzima glucocerebrosidasi è responsabile della degradazione di specifici lipidi all’interno dei lisosomi, i veri e propri “inceneritori” cellulari. Mutazioni nel gene che lo codifica ne riducono stabilità e attività, provocando accumuli tossici che compromettono le funzioni cellulari essenziali. Fino ad ora, i tentativi di correggere il difetto si sono basati su “chaperoni molecolari” capaci di legarsi all’enzima, ma molti di questi interferiscono con il suo sito attivo, limitando l’efficacia terapeutica.

L’innovazione del nuovo studio risiede nell’uso dei nanobodies, che agiscono legandosi a regioni dell’enzima lontane dal sito attivo, stabilizzandolo e attivandolo senza bloccarne la funzione. Grazie al supporto della Fondazione Michael J. Fox, il team ha identificato nanocorpi che aumentano significativamente l’attività della glucocerebrosidasi sia in cellule coltivate sia in versioni mutate associate al Parkinson.

“Questi risultati, seppur preliminari, ci permettono di intravedere nuove strategie terapeutiche per i pazienti”, spiega Chiara Sinisgalli, prima autrice dello studio. Rimane però la sfida di sviluppare metodi efficaci per veicolare i nanocorpi nelle cellule cerebrali colpite dalla malattia.

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