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Il Consiglio di Unioncamere del Veneto si riunisce nel carcere femminile della Giudecca

Una seduta simbolica del Consiglio nella prigione veneziana per promuovere il lavoro come strumento di reinserimento sociale e abbattere i pregiudizi

Il logo di Unioncamere, sullo sfondo il carcere della Giudecca

Il logo di Unioncamere, sullo sfondo il carcere della Giudecca

Un luogo inusuale ma ricco di significato ha ospitato la recente seduta del Consiglio di Unioncamere del Veneto: la Casa di reclusione femminile della Giudecca, a Venezia. Una scelta fortemente simbolica, come spiegano i promotori, “per abbattere i pregiudizi e ribadire il ruolo attivo che il carcere può avere nella società civile ed economica, favorendo il recupero delle persone detenute”.

Presenti il presidente Antonio Santocono, la segretaria generale Valentina Montesarchio, il coordinatore dei segretari generali delle Camere di Commercio Roberto Crosta, imprenditori e rappresentanti di categoria. Accolti dalla direttrice Mariagrazia Bregoli, la delegazione ha visitato le cooperative sociali attive nell’istituto: 'Il Cerchio', impegnata in sartoria e lavanderia, e 'Rio Terà dei Pensieri', specializzata nella produzione di cosmetici e coltivazioni biologiche.

“Il lavoro in carcere è dignità, è prevenzione della recidiva. Se una persona esce con competenze e professionalità, difficilmente tornerà a delinquere”, ha dichiarato la direttrice. Unioncamere, in collaborazione con il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria, promuove il lavoro come strumento di rieducazione e reinserimento, sottolineando come oltre 100.000 posti di lavoro siano attualmente scoperti in Veneto.

Grazie alla Legge Smuraglia, le imprese che assumono detenuti o ex detenuti possono beneficiare di sgravi fiscali. “Il carcere non è un mondo chiuso – ha ribadito Santocono – ma una risorsa per un’economia più inclusiva e sostenibile”. Le esperienze di lavoro dietro le sbarre sono state raccolte nel volume fotografico “Liberiamo le produzioni”, che testimonia le possibilità di reintegrazione attraverso l’impresa.

La Giudecca è anche un laboratorio sociale particolare: la lunga durata delle pene consente percorsi formativi solidi. Emblematico il progetto che ha visto alcune detenute diventare guide museali durante la Biennale Arte 2024, accogliendo oltre 220.000 visitatori nel padiglione “Con i miei occhi”.

Mentre si celebrano queste esperienze di reinserimento positivo, il XXI Rapporto di Antigone, presentato a Roma, lancia l’allarme sulla condizione dei giovani detenuti in Italia. Al 30 aprile 2025, i minori reclusi erano 611, con un aumento del 54% in due anni. Un’escalation contenuta solo dal Decreto Caivano, che ha introdotto il trasferimento punitivo degli over 18 nei carceri per adulti: 189 trasferimenti nel 2024, l’80% in più rispetto al 2022.

Ma la misura ha interrotto percorsi educativi fondamentali, aumentando il rischio di recidiva. Oggi 9 Istituti Penali per Minorenni su 17 risultano sovraffollati: a Treviso si sfiorano il doppio dei detenuti rispetto alla capienza, mentre a Milano e Cagliari si tocca il 150%. Il governo ha promesso nuovi istituti, ma nel frattempo ha “trasformato” una sezione del carcere per adulti della Dozza di Bologna in carcere minorile, pur mantenendo le stesse strutture e logiche detentive.

Un carcere minorile dentro un carcere per adulti: l’emblema di una riforma incompiuta che rischia di vanificare gli sforzi di reinserimento, proprio mentre alcune realtà carcerarie mostrano con forza quanto il lavoro e la fiducia possano cambiare il destino delle persone.

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