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Un corteo da Venezia a Mestre per chiedere la liberazione di Alberto Trentini

Il 16 giugno amici e sostenitori del cooperante veneziano detenuto in Venezuela marceranno da San Pietro di Castello fino a Piazza Ferretto

Manifestazione di metà febbraio per la liberazione di Trentini

Manifestazione di metà febbraio per la liberazione di Trentini

Non si ferma la mobilitazione per Alberto Trentini, il cooperante veneziano arrestato in Venezuela il 15 novembre 2024 e da allora detenuto in isolamento nel carcere di massima sicurezza El Rodeo I. Per lunedì 16 giugno, a sette mesi esatti dall’inizio della sua prigionia, il gruppo “Alberto Trentini Libero” ha organizzato un corteo simbolico che attraverserà la città da Venezia a Mestre, con l’obiettivo di tenere alta l’attenzione pubblica e politica sul suo caso.

Il ritrovo per manifestanti, amici, conoscenti e cittadini solidali è fissato per le ore 17.00 a Forte Marghera. Da lì il corteo si muoverà verso Piazza Ferretto, passando idealmente dal cuore storico della città fino al centro urbano di Mestre. Una camminata “un passo dopo l’altro, un cuore accanto all’altro”, come recita lo slogan diffuso dagli organizzatori. «Per Alberto. Per non dimenticare. Per farlo tornare a casa!», è l’appello che accompagna l’iniziativa.

Il caso di Alberto Trentini rimane avvolto nel mistero. In sette mesi ha potuto effettuare una sola telefonata alla famiglia, avvenuta solo di recente. Nessuna accusa formale è stata comunicata dalle autorità venezuelane, ma numerose fonti diplomatiche suggeriscono che si tratti di una vicenda legata alla cosiddetta “diplomazia degli ostaggi”. Una strategia con cui il governo di Nicolás Maduro cercherebbe di ottenere concessioni politiche da parte dell’Italia, sfruttando la detenzione di cittadini stranieri.

Le trattative per la liberazione del cooperante coinvolgono da tempo i più alti livelli delle diplomazie italiana e venezuelana, ma il dialogo si presenta complesso e ancora senza sbocchi concreti. In questo contesto, la marcia del 16 giugno vuole essere un messaggio forte e visibile, per ricordare che dietro i giochi diplomatici c’è un uomo, una famiglia e una comunità che attendono giustizia.

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