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25.06.2025 - 12:47
GianPaolo Bottacin
Il progetto di Eni Rewind per realizzare un impianto di trattamento dei fanghi civili a Porto Marghera si ferma: il Comitato Tecnico Regionale per la Valutazione di Impatto Ambientale (CTR VIA) ha infatti espresso parere negativo, bloccando di fatto l’iter autorizzativo dell’iniziativa.
A pesare sulla decisione sono stati i dubbi tecnici e sanitari sollevati da vari enti, tra cui l’Istituto Superiore di Sanità, che hanno rilevato criticità non risolte in una zona già fortemente compromessa dal punto di vista ambientale. Al centro delle preoccupazioni vi è in particolare il tema della combustione dei PFAS, ritenuta non sicura a causa delle temperature previste dall’impianto, giudicate troppo basse per una completa degradazione delle sostanze inquinanti.
«Pur nel rispetto dell’autonomia del Comitato VIA, la Regione ribadisce la massima attenzione a tutto ciò che riguarda la salute dei cittadini e la tutela dell’ambiente», ha dichiarato Gianpaolo Bottacin, assessore regionale all’Ambiente.
A fargli eco è Roberto Marcato, assessore allo Sviluppo economico e alla Riconversione di Porto Marghera:
«La decisione manda un messaggio chiaro: nessun nuovo insediamento industriale potrà essere autorizzato se non garantisce standard di sicurezza assoluti. Dopo decenni di sacrifici ambientali, Marghera merita un futuro diverso, basato su bonifiche, tecnologie pulite e lavoro sostenibile».
Marcato ha poi ricordato il ruolo strategico della ZLS (Zona Logistica Semplificata) del Porto di Venezia–Rodigino, che sta già attirando nuovi investimenti e può rappresentare il vero volano per la rinascita industriale verde dell’area.
Il CTR VIA, organismo tecnico indipendente composto dai vertici delle strutture regionali e da rappresentanti di enti come ARPAV, Vigili del Fuoco, Soprintendenze, Veneto Strade e Autorità di Bacino, ha basato la sua valutazione sull’analisi delle normative ambientali vigenti e delle migliori tecnologie disponibili.
Nel caso specifico, l’assenza di sufficienti garanzie sull’impatto sanitario e ambientale, in un’area già fragile come quella di Marghera, ha portato a una decisione netta, in nome della “giustizia ambientale” e del diritto delle comunità locali a vivere in un ambiente sano.
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