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Vino dealcolato, l’allarme del Veneto: “Così si stravolge l’identità del nostro prodotto”

Il presidente del Consiglio regionale Ciambetti:“Il consumatore sia informato, il vino è un’altra cosa"

Vino dealcolato, l’allarme del Veneto: “Così si stravolge l’identità del nostro prodotto”

Roberto Ciambetti

Scelte discutibili e pericolose per la tradizione vitivinicola europea. È questa, in sintesi, la posizione del presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, intervenuto a Bruxelles durante la sessione plenaria del Comitato europeo delle Regioni, dove ha espresso forti perplessità sulle nuove norme comunitarie relative ai vini dealcolati.

“Il vino senza alcol non è vino, e questo deve essere assolutamente chiaro al consumatore – ha dichiarato Ciambetti –. Siamo di fronte a un cambiamento che rischia di confondere il mercato e snaturare un prodotto che è parte integrante della nostra cultura e della nostra economia”.

Il riferimento è al pacchetto di misure sul settore vitivinicolo varato dalla Commissione europea lo scorso marzo, che prevede, tra le altre cose, norme comuni per l’etichettatura e nuove modalità di promozione per i prodotti vitivinicoli. Il parere favorevole del Comitato, approvato all’unanimità, accoglie molti spunti positivi, come il prolungamento dei tempi per il reimpianto dei vitigni da tre a otto anni, l'estensione delle campagne promozionali all’estero da tre a cinque anni e la promozione del turismo enogastronomico.

Tuttavia, Ciambetti ha voluto mettere in guardia su un punto critico: la crescente apertura ai vini dealcolati, prodotti a basso o nullo contenuto alcolico, spesso ottenuti attraverso processi industriali ad alto consumo energetico. “Si tratta di prodotti che richiedono interventi chimici e tecnologici significativi, ben lontani dall’idea di un’agricoltura sostenibile e di un’alimentazione etica su cui tanto si è lavorato negli ultimi anni”, ha sottolineato.

Per il presidente veneto, dunque, il rischio non è solo di distorcere il concetto stesso di vino, ma anche di promuovere un modello produttivo in contrasto con i principi ambientali e culturali che l’Europa dice di voler tutelare.

“Non si tratta di essere contrari all’innovazione – ha concluso Ciambetti – ma di mantenere chiarezza e onestà verso chi acquista: se una bevanda non è vino, non deve esserlo nemmeno per legge”.

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