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04.07.2025 - 13:32
Foto di repertorio
«Il profeta non è colui che indovina il domani, ma colui che sa abitare il presente con profondità, che legge i segni dei tempi restando vicino alle ferite ed alle attese delle persone». Con queste parole, don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, ha introdotto il Rapporto Statistico Nazionale sulla povertà in Italia 2025, una fotografia impietosa della realtà sociale del Paese. Un appello a guardare in faccia la povertà con responsabilità e consapevolezza, senza delegare tutto al mondo del volontariato.
Il documento, reso pubblico nei giorni scorsi, passa però quasi inosservato nel circuito mediatico, oscurato da notizie di ben altro impatto spettacolare: «Una cerimonia nuziale sfarzosa non è un problema in sé – si legge in un commento interno al report – ma diventa uno schiaffo se comparata al silenzio che circonda questi dati».
Nel solo 2024, Caritas Italiana ha sostenuto 277.775 persone fragili nei suoi centri di ascolto. Di queste, 23.411 nel Triveneto, un dato che rappresenta altrettanti nuclei familiari e che non può lasciare indifferenti. In un decennio, la povertà assoluta in Italia è aumentata del 42,8%.
Il dato conferma un fenomeno ormai strutturale, che coinvolge fasce sempre più ampie di popolazione. Le situazioni di disagio non riguardano più solo i margini estremi della società: sempre più famiglie vivono l’instabilità lavorativa, la precarietà abitativa, l’impossibilità di curarsi, l’isolamento relazionale.
«Non si può continuare a intervenire solo in emergenza – spiega una nota di commento al Report –. Servono politiche di inclusione, autonomia e sviluppo, costruite su tre assi fondamentali: lavoro, reddito e casa. È su questi temi che si gioca la dignità delle persone».
Accanto alle difficoltà materiali, c’è poi una povertà “relazionale”: persone sole, senza reti familiari o sociali, che avrebbero solo bisogno di un gesto umano, di qualcuno che dica: “Come stai? Sono qui”.
Il report evidenzia il valore imprescindibile del volontariato, «che da sempre accompagna le persone senza clamore», ma denuncia anche la rischiosa deresponsabilizzazione delle istituzioni.
«Non dobbiamo pensare che il volontariato sia “manodopera a basso costo” per colmare i vuoti di un sistema – si legge –. Il volontariato non può sostituire una visione politica. Può collaborare, può essere una risorsa preziosa, ma servono scelte strategiche, lungimiranti, strutturali».
In Veneto, regione con una forte tradizione solidaristica, questo tema è particolarmente sentito: «Pensiamo a don Giovanni Nervo, padre fondatore di Caritas Italiana e del volontariato, cresciuto a Padova. Oggi, più che mai, il suo esempio ci sprona ad agire come “antenne del territorio”, attente e vigili».
L’appello che emerge dal rapporto non è solo per volontari e operatori sociali, ma per ogni cittadino: «La solidarietà è un dovere costituzionale, come sancito dall’articolo 2 della nostra Carta. Non possiamo lasciare che la povertà diventi normalità. Dobbiamo lasciarci toccare dalle fragilità, smettere di girarci dall’altra parte».
Citando don Milani, il rapporto rilancia con forza il motto “I care”: “Mi sta a cuore”, in opposizione all’indifferenza, all’apatia, al “non è un problema mio”.
Tra le proposte per il futuro, il documento sottolinea l’importanza degli Ambiti Territoriali Sociali, pensati per promuovere un welfare di comunità, basato su prossimità, coesione e responsabilità condivisa.
«Ma saranno efficaci solo se sostenuti con risorse dedicate, se alimentati da una cultura della solidarietà che coinvolga cittadini, istituzioni e terzo settore – si conclude –. Altrimenti continueremo a rincorrere emergenze, senza mai risolvere i problemi alla radice».
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