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11.07.2025 - 09:33
Foto di repertorio
Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha annunciato una linea dura: chi si rifiuterà di sostenere la prova orale dell’Esame di Stato – presentandosi in silenzio, senza rispondere alle domande – verrà bocciato. Una dichiarazione netta, che arriva a pochi giorni di distanza dal gesto simbolico di due studenti, uno di Padova e uno di Belluno, che hanno scelto di restare in silenzio durante il colloquio finale come forma di protesta contro l’attuale sistema scolastico, definito “oppressivo” e “antipedagogico”.
Secondo Valditara, la scelta degli studenti non può essere interpretata come un gesto legittimo di dissenso, ma come un rifiuto dell’obbligo educativo. Da qui la posizione del Ministero: nessuna tolleranza per chi “boicotta” l’esame. Il dibattito, però, si è acceso in tutto il Paese.
Non si è fatta attendere la risposta della Rete degli Studenti Medi, che ha duramente criticato la posizione del Ministro, parlando di “un nuovo tassello nella strategia di repressione del dissenso scolastico”.
“Valditara – attacca Paolo Notarnicola, coordinatore nazionale della rete – prosegue con lo smantellamento della democrazia scolastica. Punire con la bocciatura chi esprime un malessere profondo è un atto autoritario. È il tentativo, neanche troppo velato, di zittire ogni forma di critica verso un sistema sempre più basato sull’obbedienza, sul controllo e sull’umiliazione”.
Anche dal Veneto arriva una presa di posizione netta. Viola Carollo, coordinatrice regionale della Rete, parla di una scuola trasformata in “una gara tossica alla performance”, dove il voto diventa l’unico parametro di giudizio, annullando il valore umano, la crescita personale e il benessere psicologico degli studenti.
“Mentre le scuole cadono a pezzi – denuncia Carollo – e il costo dei libri mette in difficoltà migliaia di famiglie, da Roma arrivano solo norme punitive e messaggi ideologici. Il gesto di quei due ragazzi è stato un grido di allarme. Ma invece di ascoltarli, si sceglie la via della repressione”.
L’episodio riaccende il dibattito sul progetto di “scuola del merito” promosso dal governo Meloni, che secondo i movimenti studenteschi sarebbe responsabile di una crescente esclusione sociale e dell’aumento della dispersione scolastica.
Per molti studenti, l’Esame di Stato è diventato il simbolo di un sistema che non li rappresenta più, e che troppo spesso ignora le condizioni psicologiche, economiche e sociali in cui si trovano a studiare. Da qui l’idea del “silenzio attivo” come gesto estremo, non per mancanza di studio, ma per chiedere un’altra scuola: inclusiva, partecipata, capace di ascoltare.
Il Ministero, però, pare intenzionato a non arretrare. Il rischio, ora, è che il gesto isolato di due maturandi diventi un simbolo nazionale di protesta, innescando nuove tensioni tra istituzioni e mondo studentesco. E la scuola, ancora una volta, si ritrova al centro di un conflitto che va ben oltre le aule.
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