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Dislessia, la chiave è nella mente: l’effetto placebo migliora la lettura più dei trattamenti tradizionali

Uno studio italiano rivoluziona la comprensione dei trattamenti per la dislessia

Dislessia, la chiave è nella mente: l’effetto placebo migliora la lettura più dei trattamenti tradizionali

Foto di repertorio

A volte, credere che un trattamento funzioni… lo fa funzionare davvero. È quanto emerge da una ricerca pubblicata sulla rivista internazionale Psychological Research, che ha coinvolto un team di scienziati delle Università di Padova e Bergamo. Lo studio ha evidenziato come l’effetto placebo, ovvero l’aspettativa positiva, abbia portato a miglioramenti significativi nella lettura di bambini con dislessia evolutiva, superando addirittura i risultati ottenuti con i metodi riabilitativi tradizionali.

La dislessia evolutiva, che colpisce tra il 5 e il 10% degli alunni in età scolare, ostacola l’apprendimento della lettura e della scrittura, nonostante intelligenza nella norma e istruzione adeguata. Da anni, il trattamento si concentra sulla ripetizione e sull’automatizzazione dell’associazione suono-lettera. Ma ciò che spesso manca, denunciano i ricercatori, è la valutazione dell’effetto placebo, una componente che può influenzare enormemente l’efficacia di qualsiasi intervento.

Lo studio, intitolato “Flickering lenses enhance reading performance through placebo effect”, ha analizzato l’impatto di innovativi occhiali “lampeggianti” – dispositivi capaci di modulare la luce e venduti come aiuto per la dislessia – su due gruppi: 49 bambini e 48 universitari con difficoltà nella lettura.

Il cuore della ricerca, spiega Sandro Franceschini, primo autore dello studio e docente all’Università di Padova, è stato un esperimento in doppio cieco, in cui nessuno – né partecipanti né ricercatori – sapeva se gli occhiali fossero attivi o spenti. In alcune prove, ai bambini è stato semplicemente detto che gli occhiali avrebbero migliorato la loro lettura. E il risultato ha sorpreso: le prestazioni miglioravano nettamente anche con gli occhiali spenti, purché fosse presente un’aspettativa positiva.

«Abbiamo osservato un calo marcato degli errori di lettura e una maggiore velocità nella decodifica delle parole nuove – spiega Franceschini –. L’effetto placebo ha avuto un impatto più immediato rispetto a mesi di riabilitazione tradizionale».

Giovanna Puccio, coautrice dello studio, ha sottolineato come i bambini delle scuole primarie, pur utilizzando occhiali spenti, abbiano commesso errori simili a quelli di studenti più grandi. «È come se, grazie alla sola convinzione di avere un aiuto efficace, fossero riusciti a superare i propri limiti», spiega la ricercatrice padovana.

Ma non solo bambini: lo stesso fenomeno è stato replicato tra gli universitari, dove l’effetto placebo ha ridotto il divario tra lettori deboli e lettori fluenti. Secondo Sara Bertoni, dell’Università di Bergamo, questi dati «lanciano un messaggio forte: l’efficacia percepita dei trattamenti potrebbe giocare un ruolo determinante, finora sottovalutato, nei percorsi di riabilitazione della dislessia».

Quanto agli occhiali lampeggianti, il loro impatto reale è stato più contenuto di quanto pubblicizzato. Un lieve miglioramento nella lettura di parole nuove è stato accompagnato da un leggero aumento degli errori su parole familiari. «Non possiamo escludere – precisa Franceschini – che questi dispositivi, usati nel lungo periodo, possano avere effetti positivi. Ma ciò che emerge chiaramente è il potere dell’ambiente e delle aspettative nel modificare il comportamento e la performance».

Lo studio, che ha coinvolto anche ricercatori delle Università di Pavia e Firenze, offre una nuova prospettiva sulla dislessia: accanto alla tecnica, occorre curare anche il contesto motivazionale ed emotivo. In altre parole, la fiducia nei propri mezzi e nelle cure può fare la differenza.

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