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26.07.2025 - 09:28
Foto di repertorio
Le piccole imprese rischiano il blocco delle assunzioni per timore di contenziosi e risarcimenti sempre più onerosi in caso di licenziamenti. È l’allarme lanciato da Confartigianato Imprese Marca Trevigiana, all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale l’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 23/2015, parte del cosiddetto Jobs Act. La decisione elimina il tetto massimo di sei mensilità per i risarcimenti dovuti dalle aziende sotto i 15 dipendenti nei casi di licenziamento giudicato illegittimo.
“È un duro colpo per le micro e piccole imprese, che già operano in condizioni di estrema fragilità – denuncia il presidente di Confartigianato Marca Trevigiana, Armando Sartori –. Si apre una stagione di incertezza e conflitti proprio quando servirebbero fiducia e slancio per investire su nuove assunzioni e strutturare l’impresa”.
Con la sentenza, sarà il giudice del lavoro a decidere l’entità dell’indennizzo, che potrà variare da 3 a 18 mensilità per le imprese sotto i 15 dipendenti e da 6 a 36 mensilità per quelle sopra questa soglia. Una novità che mette in difficoltà le aziende più piccole, che in Italia rappresentano il 90% del tessuto produttivo.
“Il riferimento alle sei mensilità era una garanzia storica, un punto fermo per imprese e lavoratori nelle trattative. È inaccettabile che venga cancellato così – prosegue Sartori –. Tutelare il lavoratore è sacrosanto, ma chi si occupa della sostenibilità economica delle imprese, specie le più fragili?”
In provincia di Treviso, le piccole imprese familiari sono circa 7.000, con un totale di 35.000 occupati e una media di 5 dipendenti per azienda. Secondo l’analisi di Confartigianato, il licenziamento rappresenta solo il 10% delle cessazioni di rapporti di lavoro, e solo nel 5% dei casi si arriva a una causa vera e propria. Finora, grazie al tetto previsto, le controversie venivano spesso risolte in tempi brevi con accordi extragiudiziali.
“Un licenziamento dovuto a una reale mancanza di lavoro – osserva Sartori – potrebbe oggi trasformarsi in una vertenza dai costi imprevedibili, anche in presenza di un vizio formale minimo. Con stipendi medi di 2.000 euro, il rischio per un imprenditore si traduce in esborsi da migliaia di euro”.
Oltre al tema economico, la sentenza tocca anche l’equilibrio sociale e occupazionale del territorio: “Ingessare la mobilità del lavoro significa frenare le assunzioni. Abbiamo bisogno come l’aria di nuovi lavoratori, di investire nella formazione professionale, di facilitare l’inserimento degli stranieri, di rafforzare le politiche attive del lavoro. Invece ci troviamo di fronte a una sentenza che potrebbe avere l’effetto opposto: più cause, più incertezza, meno coraggio di assumere”.
E conclude con un appello al buon senso del legislatore: “La crescita si sostiene con equilibrio, non con penalizzazioni unilaterali. Servono regole chiare, proporzionate e sostenibili, per garantire diritti sì, ma anche futuro alle nostre imprese”.
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