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Attualità
12.08.2025 - 09:25
Foto di repertorio
Trattenuto all’aeroporto e respinto con un provvedimento d'espulsione per motivi legati alla "sicurezza nazionale". È quanto accaduto a don Nandino Capovilla, parroco di Mestre e figura storica del movimento Pax Christi, fermato dalle autorità israeliane una volta atterrato a Tel Aviv. Il sacerdote, noto per il suo impegno per la nonviolenza e i diritti umani, era in viaggio con una delegazione italiana guidata dal vescovo Giovanni Ricchiuti, presidente nazionale dell'organizzazione pacifista cattolica.
L’intenzione era quella di partecipare a iniziative per il dialogo e la pace tra israeliani e palestinesi, proprio in un momento in cui la guerra a Gaza continua a mietere vittime e generare distruzione. Ma don Capovilla non è mai uscito dall’aeroporto.
Secondo quanto riportato nel documento ufficiale d’espulsione, che Avvenire ha potuto visionare, il sacerdote sarebbe stato considerato persona non gradita per “non meglio specificate motivazioni legate alla sicurezza dello Stato”. Verrà rimpatriato e, fino ad allora, dovrà rimanere in una struttura custodita.
Don Capovilla è da anni una voce attiva e critica nei confronti delle operazioni militari israeliane, soprattutto durante i 22 mesi di guerra nella Striscia di Gaza, dove ha più volte denunciato gli attacchi ai civili e la drammatica situazione umanitaria. Proprio questo profilo, unito alla sua attiva partecipazione a missioni di osservazione e testimonianza, potrebbe aver portato le autorità israeliane a considerarlo un elemento “sensibile”.
Nel provvedimento si legge che, per poter rientrare in futuro in Israele o nei Territori palestinesi, don Capovilla dovrà chiedere un’autorizzazione preventiva, che sarà valutata “in base alle circostanze del momento”. Il sacerdote non ha potuto commentare direttamente, ma attraverso i legali ha fatto sapere di essere sorpreso e amareggiato.
La decisione potrà essere contestata in sede legale, presentando ricorso alla Corte d’appello israeliana. Intanto, nel mondo cattolico e tra le associazioni pacifiste italiane, cresce la preoccupazione per un episodio che viene letto come un segnale d’intolleranza verso chi si oppone apertamente alla guerra.
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