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Settore benessere in Riviera del Brenta: servono formazione, controlli e contrasto all’abusivismo

“Mancano regole rispettate da tutti e collegamenti concreti tra scuola e lavoro”

Settore benessere in Riviera del Brenta: servono formazione, controlli e contrasto all’abusivismo

Antonella Boldrin, vicepresidente dell’Associazione Artigiani della Riviera e responsabile del comparto benessere

Nel settore dell’estetica e dell’acconciatura nella Riviera del Brenta, tra opportunità e criticità, il tempo delle riflessioni è finito. Servono formazione mirata, controlli severi e un rinnovato rispetto delle regole. A dirlo con chiarezza sono Antonella Boldrin, vicepresidente dell’Associazione Artigiani della Riviera e responsabile del comparto benessere, e Stefano Lazzari, storico esponente del settore.

Nel mandamento, che include dieci comuni, operano circa 250 parrucchieri e oltre 100 estetiste. Un comparto a forte trazione femminile – l’80% delle imprese sono guidate da donne – ma che si trova a fare i conti con un crescente fenomeno di abusivismo. “C’è ancora chi lavora a domicilio, spesso senza qualifica, senza pagare tasse e fuori da qualsiasi regola – denuncia Boldrin – danneggiando le attività in regola e l’erario”.

Non solo: crescono i casi di negozi, anche gestiti da stranieri, dove non sempre vengono rispettate le norme su sicurezza e inquadramento del personale. “Non è una questione etnica – precisa Boldrin – ma di rispetto delle regole. Se le normative sono rispettate, ben vengano. In caso contrario, le sanzioni oggi sono molto più dure di un tempo e i controlli si sono intensificati”.

Nel frattempo, i “Barber Shop” sono tornati alla ribalta, dopo la chiusura progressiva dei barbieri tradizionali. “Una tendenza in crescita – osserva Lazzari – anche se non ancora diffusa come un tempo”.

Il vero nodo, però, resta il ricambio generazionale. “Sempre più spesso – spiegano Boldrin e Lazzari – i giovani che escono dalle scuole professionali sono demotivati. Manca il legame con il lavoro concreto, con l’esperienza sul campo”. La soluzione? “Affidare l’insegnamento pratico a chi il mestiere lo ha vissuto davvero – conclude Boldrin – per trasmettere passione, entusiasmo e professionalità alle nuove leve”.

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