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Caso Pfas
20.08.2025 - 12:20
Cristina Guarda, eurodeputata di Europa Verde
La voce di Cristina Guarda, eurodeputata dei Verdi, torna a farsi sentire forte e chiara nella battaglia per la giustizia ambientale in Veneto. Con parole dure, lancia un’accusa precisa alla giunta regionale guidata da Luca Zaia: aver scelto di non finanziare uno studio epidemiologico completo e una reale presa in carico sanitaria per i cittadini esposti alla contaminazione da Pfas, a favore – denuncia – di investimenti nelle grandi infrastrutture.
Il caso che ha riportato il tema al centro del dibattito è quello di Emanuela Franceschetti, residente nell’area contaminata e colpita da due tumori e quattro aborti spontanei in pochi anni. “Una storia che mi colpisce nel profondo – commenta Guarda – e che somiglia a quella di tanti altri cittadini che vivono nell’area inquinata da Pfas, tra falde avvelenate e aria contaminata".
Nel 2023, Guarda aveva presentato un’interrogazione ufficiale per chiedere conto del mancato avvio di un’indagine epidemiologica regionale sull’impatto della contaminazione da Pfas. La risposta della Regione, spiega, faceva riferimento a ostacoli di natura finanziaria.
“Eppure – denuncia l’eurodeputata – i soldi per le Olimpiadi e per costruire strade si trovano sempre. Se si scelgono solo le grandi opere, poi non si può dire che mancano le risorse per la salute pubblica".
Guarda sottolinea come la sorveglianza sanitaria messa in atto finora sia stata limitata alla zona rossa, ovvero quella servita dagli acquedotti contaminati. Nessuna presa in carico per le zone arancione e gialla, nonostante le prove di contaminazione da parte dell’azienda Miteni e la presenza di Pfas in corsi d'acqua e falde sotterranee.
“Si è misurata la presenza dei Pfas nel sangue – afferma – ma senza fornire reali percorsi di cura o prevenzione per patologie gravi come tumori, colesterolemia, problemi riproduttivi".
Guarda richiama l’attenzione su una contaminazione diffusa e multiforme: non solo acqua, ma aria, suolo, e cibo. Chiede un approccio scientifico e mirato, con monitoraggi diversificati a seconda del grado di esposizione, come suggerito dagli studi internazionali del NASEM (National Academies of Sciences, Engineering and Medicine).
“Chi ha anche solo pochi nanogrammi per millilitro di Pfas nel sangue è esposto a rischi. Superata la soglia dei 20 ng/mL, le possibilità di sviluppare gravi patologie diventano quasi certe".
L’eurodeputata conclude con un appello diretto alla responsabilità politica e morale delle istituzioni regionali.
“Storie come quella di Emanuela Franceschetti non sono eccezioni. Sono vite che avrebbero potuto essere salvate o tutelate con diagnosi precoci, con più attenzione, con la volontà di investire sulla salute invece che su cantieri e asfalto. Quante altre famiglie dovranno affrontare tragedie simili prima che si prenda sul serio questa emergenza?”
Cristina Guarda invoca un cambio di rotta deciso, fatto di studi seri, monitoraggi trasparenti e – soprattutto – una reale presa in carico sanitaria dei cittadini colpiti. Perché, conclude, “non si può più accettare che la salute venga sempre dopo tutto il resto”.
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