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Il caso
01.09.2025 - 17:07
Immagine di repertorio
La Corte di Cassazione ha messo la parola fine alle contestazioni sollevate da Paolo Zanconato e Giorgio Colutta, ex componenti degli organi della Banca Popolare di Vicenza, confermando in via definitiva le sanzioni della Consob legate agli aumenti di capitale del 2014. I giudici della seconda sezione civile, con due ordinanze depositate il 30 agosto 2025, hanno respinto i ricorsi presentati dagli ex dirigenti, stabilendo che entrambi avevano precise responsabilità di vigilanza, anche se nominati dopo la predisposizione dei prospetti.
Il caso è strettamente connesso al collasso del sistema bancario veneto culminato nel crac della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca nel 2017, poi fuse in Intesa Sanpaolo. Secondo la Consob, i prospetti informativi legati agli aumenti di capitale del 2014 omettevano informazioni fondamentali come:
l’utilizzo di criteri di valutazione difformi rispetto a quelli approvati internamente,
la pratica dei finanziamenti “baciati”, in cui i clienti venivano finanziati per acquistare azioni della banca,
e la sospensione delle negoziazioni (il cosiddetto blocking period).
Paolo Zanconato, in qualità di membro del collegio sindacale dal 26 aprile 2014, è stato sanzionato con una multa iniziale di 40.000 euro, poi ridotta a 35.000 in appello. La Corte ha confermato che i sindaci hanno l’obbligo di controllo attivo e sono responsabili anche in caso di omissione, qualora non segnalino tempestivamente irregolarità agli organi di vigilanza.
Giorgio Colutta, consigliere di amministrazione senza deleghe, è stato multato per 30.000 euro, ridotti a 26.500, per non aver garantito la trasparenza dei prospetti informativi. La Corte ha sottolineato che anche i consiglieri non esecutivi devono “agire in modo informato” e non possono chiamarsi fuori di fronte a situazioni pregiudizievoli per l’ente.
I due ex esponenti avevano sostenuto di essere entrati in carica dopo la stesura dei prospetti, ma la Cassazione ha rigettato la linea difensiva, stabilendo che l’obbligo di vigilanza vale dal momento dell’ingresso in carica e che non si può invocare il “favor rei” – principio di retroattività favorevole – in assenza di modifiche legislative specifiche.
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