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04.09.2025 - 12:13
Foto di repertorio
Mentre Padova dà il via all’“Agenzia per l’abitare”, una rete cooperativa che coinvolge ben 39 soggetti tra enti pubblici, associazioni, fondazioni e privati, la situazione a Treviso sembra congelata in un immobilismo preoccupante. L’annuncio dell’assessora Benciolini ha acceso i riflettori su una strategia concreta per arginare il rischio di perdita della casa da parte delle persone più fragili e mettere in relazione proprietari di immobili sfitti e chi ha bisogno di un’abitazione.
A Treviso, però, la realtà è ben diversa. Qui, la questione abitativa non è più una crisi momentanea da gestire, ma un problema strutturale che cresce inesorabile e mette a dura prova famiglie, singoli e perfino i ceti medi. I numeri non mentono: centinaia di richieste di emergenza abitativa per poche decine di alloggi disponibili; posti letto in dormitori pubblici e strutture di volontariato sempre insufficienti, con decine di persone costrette a dormire per strada, in stazioni o sotto i portici; e un trend in continua crescita nelle domande per gli alloggi popolari, passate da 475 nel 2010 a quasi 800 nel 2023, con 702 richieste già presentate nel 2025, appena due anni dopo l’ultimo bando.
È evidente che Treviso necessita di una risposta strutturata, che vada oltre la retorica e la gestione emergenziale. Un’Agenzia per l’abitare come quella che nascerà a Padova potrebbe rappresentare un modello da replicare anche qui, mettendo insieme competenze, risorse e volontà di molti attori per costruire un sistema efficace di tutela abitativa.
Ma l’amministrazione comunale trevigiana cosa intende fare? Si continuerà ad assistere passivamente al ripetersi di inverni “emergenziali” con decine di persone senza un tetto? E quali sono i piani per affrontare un mercato immobiliare sempre più esclusivo, che penalizza chi non può più permettersi neanche un affitto?
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