Ex Mulini Mandelli, la battaglia del verde: “Non è solo cemento, è una scelta politica”
Coalizione Civica per Treviso critica il piano di recupero dell’area: “Un progetto sbilanciato che consuma suolo, mette a rischio l’equilibrio idrogeologico e ignora la fauna locale”
L’ex area dei mulini Mandelli, lungo la sponda sinistra del Sile, torna al centro del dibattito pubblico. Ma non solo per il suo valore storico o per le potenzialità urbanistiche. Per Coalizione Civica per Treviso, il piano di recupero approvato dall’amministrazione comunale è tutt’altro che sostenibile: una colata di cemento mascherata da rigenerazione urbana.
Essere critici su questo progetto non è strano – afferma Gigi Calesso, esponente della Coalizione – è una presa di posizione politica, una scelta di campo chiara: tra speculazione e tutela del territorio, noi stiamo dalla parte del territorio.
Al centro delle contestazioni, una serie di elementi ambientali, urbanistici e idrogeologici che – secondo la forza civica – rendono il progetto attuale incompatibile con la fragile natura dell’area e con i dati allarmanti sul consumo di suolo nella città.
Secondo i documenti allegati al progetto – in particolare la relazione sulla permeabilità delle superfici – le nuove impermeabilizzazioni ammontano a circa 15.799 metri quadrati, a cui andrebbero sottratti i metri quadri recuperati a verde grazie all’abbattimento di edifici incongrui. Il saldo finale? Secondo Calesso, oltre un ettaro di suolo perso.
Un dato pesante, soprattutto in un contesto urbano già saturo: Treviso è il quarto comune del Veneto per percentuale di suolo consumato (quasi il 40%) e il 202° a livello nazionale su quasi 8.000. Un primato negativo – denuncia Calesso – che dovrebbe far riflettere prima di dare il via libera a nuovi progetti invasivi.
Altro punto critico: la fragilità idraulica dell’area. Il piano prevede la costruzione di piani seminterrati proprio vicino alla Storga, con possibili conseguenze sulle falde e sulla capacità di assorbire le piogge intense, fenomeni sempre più frequenti con il cambiamento climatico.
A supporto, Calesso cita un precedente preoccupante: due anni fa, dopo la demolizione di edifici nell’area, si è formata una lama d’acqua alta 10 cm sul confine della proprietà adiacente. È il segnale di un equilibrio delicatissimo.
Non solo: la futura rete di irrigazione del nuovo complesso residenziale attingerà direttamente dalla Storga, con il rischio concreto di compromettere l’ecosistema fluviale nei periodi di siccità.
Il progetto, osserva la Coalizione, non considera in modo adeguato l’impatto sulla fauna. L’area interessata dalla valutazione ambientale esclude gran parte della zona verde adiacente, fondamentale per l’avifauna locale. Inoltre, le fonti bibliografiche utilizzate per mappare la presenza di specie protette risalgono a diversi anni fa e non tengono conto dei cambiamenti climatici in atto.
Negli ultimi cinque o sei anni – spiega Calesso – la composizione della fauna, in particolare quella volatile, è mutata sensibilmente. Ignorarlo significa compromettere la tutela della biodiversità.
Alla luce di queste criticità, la richiesta è chiara: modificare radicalmente il piano. Non si tratta di essere contrari al recupero in sé – chiarisce Calesso – ma di pretendere un progetto che garantisca la salvaguardia dell’equilibrio idrogeologico, una drastica riduzione del consumo di suolo e la protezione reale degli ecosistemi presenti.
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