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Suicidio assistito
17.09.2025 - 17:56
Suicidio assistito, foto di repertorio
Dopo la Toscana, anche la Sardegna si muove sul terreno delicato del fine vita, approvando una legge che consente il suicidio assistito per pazienti terminali secondo le condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale. Quattro i requisiti principali: malattia irreversibile, sofferenza insopportabile, supporto medico e farmacologico, e capacità di esprimere chiaramente la propria volontà. La Consulta aveva anche invitato il Parlamento a legiferare, ma sei anni dopo la questione resta irrisolta a livello nazionale.
«È un segnale importante che arriva dalla Sardegna – commenta Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale del Veneto – dove la giunta guidata da Alessandra Todde ha avuto il coraggio di agire dove il Parlamento ancora non è riuscito. Merito anche dell’associazione Luca Coscioni, che ha presentato all’assemblea sarda un disegno di legge di iniziativa popolare».
In Veneto, invece, la strada è rimasta bloccata. Una proposta simile era stata respinta in aula il 16 gennaio 2024, con un pareggio tra favorevoli e contrari. «Qui da noi – prosegue Baldin – la politica resta ferma, tra psicodrammi e rinvii, mentre basterebbe rispettare la sentenza della Corte. La legge nazionale in discussione peggiora le cose, limitando i diritti dei malati a favore di un comitato etico governativo che decide discrezionalmente».
Il tema resta anche un banco di prova politico. «Il fine vita è l’ennesima incompiuta del presidente Zaia – afferma Baldin – che termina i suoi quindici anni senza aver portato a casa nemmeno l’autonomia differenziata promessa. Il bilancio 2026 è ancora in esercizio provvisorio e il regolamento amministrativo sul fine vita non è mai stato emanato per timore di contrasti interni alla maggioranza».
All’inizio di settembre, l’ULSS 3 Serenissima ha presentato un protocollo con linee guida per Venezia, che include la valutazione di una commissione multidisciplinare e di un comitato etico. «Ma vale solo per il territorio metropolitano – conclude Baldin – mentre un regolamento regionale avrebbe uniformato le indicazioni a tutto il Veneto».
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