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Al Glamping San Marco
20.10.2025 - 10:12
In tempi di mutamenti rapidi e profondi, non basta adattarsi: serve ripensare i modelli socio-economici e culturali che hanno retto gli ultimi trent’anni. La cultura, più che un accessorio, può diventare una leva di sviluppo. Se n’è discusso nelle scorse settimane al Glamping Canonici di San Marco, a Mirano, durante un convegno organizzato dalla Fondazione di comunità Riviera del Brenta-Miranese e dalle Acli dal titolo “Oltre le mura di città e impresa, un mondo nuovo”. Un titolo simbolico, che richiama il celebre dipinto di Giandomenico Tiepolo sulla fine della Serenissima: una soglia tra timori e speranze, non distante dal presente.
Attorno al tavolo si sono confrontati Federica Rosin per la Fondazione, Alberto Sbrogiò per le Acli, il docente di Politiche Culturali a Ca’ Foscari Francesco Panozzo, Cristina Rossi, general manager del Museo della Scarpa e di Villa Foscarini Rossi a Stra, e Paolo Tonello, della Fondazione Riviera-Miranese e autore di “Paradigma Tiepolo”. In sala anche la consigliera regionale Francesca Scatto, presidente della commissione cultura. L’obiettivo, dichiarato e pratico, è trasformare la narrazione del territorio in valore aggiunto per industria e artigianato, partendo dalle eccellenze locali. Non un maquillage turistico, ma una piattaforma di sviluppo. Sbrogiò ha ricordato la crescita della rete dei luoghi del Tiepolo e l’ambizione di farne un itinerario del Consiglio d’Europa, unendo Mirano e Venezia a Würzburg, Parigi e Madrid: un’ossatura europea capace di portare flussi, relazioni e opportunità.
Dal versante economico, Tonello ha preso le mosse dalla crisi Speedline per sostenere che il modello delle produzioni d’élite nei Paesi più industrializzati non regge più. Occorre un nuovo paradigma di sviluppo territoriale, che intrecci saperi, filiere e identità, valorizzando ciò che non è delocalizzabile: competenze, storie, paesaggio. Sul piano operativo, Rossi ha richiamato l’urgenza di “raccontare” le filiere di eccellenza come fattore competitivo: musei, archivi d’impresa e luoghi di produzione possono diventare spazi vivi, in cui tecnica e cultura si incontrano. Dall’apertura dei laboratori alla formazione, dalla tracciabilità alla sostenibilità, la narrazione ben costruita consolida la reputazione dei marchi e radica valore sul territorio. Panozzo ha messo in archivio l’idea di un Veneto “città unica”: oggi serve un mosaico di distretti che integri componenti culturali e imprenditoriali, costruendo politiche pubbliche basate su collaborazione, misurazione degli impatti e progettualità di area vasta. Cultura, in questo schema, è infrastruttura immateriale: abilita innovazione, produce coesione, genera nuova domanda.
Nelle conclusioni, Scatto ha sottolineato come le politiche regionali si stiano muovendo in questa direzione, coniugando cultura, lavoro e sociale e puntando forte su reti tra istituzioni, imprese e terzo settore. Superare le mura – del Comune come dell’azienda – è la condizione per fare massa critica. Sono intervenute anche vari rappresentanti politici del territorio come le assessore Marianna Duregon di Noale, Elena Spolaore di Mirano e la consigliera Gioia Basso di Santa Maria di Sala, le quali hanno convenuto sulle argomentazioni portate nel dibattito seppur sottolineando le difficoltà che ogni giorno devono affrontare per risolvere i problemi dei cittadini. Il messaggio che arriva da Mirano è chiaro: la cultura non è un orpello, ma un motore. Se il territorio diventa un racconto condiviso, capace di unire memoria e industria, allora la transizione può trasformarsi da crisi in progetto. Dalle mura alle trame: è qui che può nascere un mondo nuovo.
Riccardo Musacco
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