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Le stanze dell'amore
03.10.2025 - 10:00
Foto di repertorio
A partire da lunedì 6 ottobre, anche nel carcere Due Palazzi di Padova i detenuti potranno vivere momenti di intimità con i propri partner. È operativa la prima “stanza dell’affettività”, un ambiente attrezzato per garantire incontri riservati tra i reclusi e le loro mogli o conviventi, sulla scia della storica sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il divieto di sessualità e affettività in carcere.
La stanza, adiacente all’area colloqui, è dotata di letto, lavandino e lenzuola, e sarà utilizzabile per turni di due ore e mezza, tre volte al giorno: alle 8.30, alle 11.00 e alle 13.30. La sperimentazione durerà inizialmente quattro mesi, su richiesta di tre detenuti accolta dal magistrato di sorveglianza. A gestire il progetto è la direttrice dell’istituto, Maria Gabriella Lusi, che ha dato attuazione alle nuove linee guida del Ministero della Giustizia.
Il cambiamento arriva a distanza di cinquant’anni dalla legge del 1975, che escludeva qualsiasi forma di contatto intimo in carcere. Una norma ormai giudicata obsoleta dalla Corte Costituzionale, che ha stabilito come il divieto assoluto costituisca una lesione della dignità e dei diritti fondamentali della persona, equiparabile a una “violenza fisica e morale”.
Gli incontri devono dunque avvenire in spazi idonei e lontani da sorveglianza visiva, in un ambiente che ricrei – per quanto possibile – una dimensione domestica. In Italia, il carcere padovano è tra i primi istituti ad applicare concretamente le nuove direttive, accogliendo una proposta che già da tempo era stata avanzata da alcune associazioni come “Ristretti Orizzonti”.
Se da un lato la novità segna un passo in avanti sul piano dei diritti umani, dall’altro non mancano le preoccupazioni. I sindacati della polizia penitenziaria hanno espresso timori riguardo la sicurezza e il possibile ingresso di sostanze o oggetti vietati.
Va però precisato che l’accesso alla stanza non sarà automatico: ogni richiesta dovrà essere valutata caso per caso dal magistrato di sorveglianza, che verificherà la condotta del detenuto e l’assenza di fattori di rischio.
La regolamentazione, emanata a livello nazionale, lascia ai direttori degli istituti la responsabilità di attuare il provvedimento. A Padova, la decisione è stata presa in autonomia, aprendo una strada che potrebbe ora essere seguita anche da altri istituti italiani.
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