Cerca

Test Miles 33

Scopri tutti gli eventi

EVENTI

Crisi industriale

Altuglas chiude lo stabilimento di Porto Marghera: a rischio il posto di 51 lavoratori

Filtcem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil di Venezia denunciano l’assenza di dialogo con l’azienda e avvertono: la chiusura potrebbe colpire a catena altre realtà produttive del territorio

L'impianto Altuglas a Porto Marghera

L'impianto Altuglas a Porto Marghera

La decisione di chiudere lo stabilimento Altuglas di Porto Marghera, controllato dal fondo americano Trinseo, preoccupa non solo per i 51 licenziamenti previsti, ma anche per le conseguenze che potrebbe avere sull’intero sistema industriale locale. A lanciare l’allarme sono i sindacati Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil di Venezia, secondo i quali la chiusura rischia di innescare un “effetto a cascata” su diverse aziende dell’area.

Tra le realtà più esposte, citano 3V Sigma e Servizi Porto Marghera (Spm), ma le ripercussioni potrebbero estendersi anche ad altri settori, dalle manutenzioni alle imprese metalmeccaniche, edili ed elettriche. «La nostra preoccupazione – spiegano i segretari generali Michele Pettenò, Francesco Coco e Maurizio Don – riguarda tutti i lavoratori dell’indotto. Il sito di via della Chimica è parte di una rete complessa di interconnessioni tecniche e produttive che coinvolge più aziende, e la sua chiusura rischia di metterle in difficoltà».

I sindacati sottolineano come Altuglas benefici di diversi servizi forniti da Spm, tra cui la mensa, l’infermeria, la rete antincendio e la fornitura di acqua demineralizzata, mentre la stessa Altuglas fornisce ad altre imprese prodotti essenziali come l’ammoniaca o il gas povero. Una catena di scambi industriali che, secondo i sindacati, mostra la fragilità dell’intero ecosistema produttivo di Porto Marghera.

Cgil, Cisl e Uil denunciano anche la mancanza di relazioni sindacali: «Dal 2021, anno dell’acquisizione da parte del fondo Trinseo, non siamo mai stati convocati per discutere dello stato dell’azienda. Quando la Rsu ha chiesto un piano industriale, non è arrivata alcuna risposta», affermano i rappresentanti dei lavoratori.

Secondo i sindacati, la motivazione dei costi energetici addotta dall’azienda «è solo un pretesto». «La decisione di chiudere – proseguono – sembra essere stata pianificata da tempo. E chi è stato assunto di recente, lasciando un altro impiego, oggi si trova senza lavoro. È una questione di responsabilità sociale verso i lavoratori».

Durante l’incontro in Confindustria, le organizzazioni sindacali hanno chiesto il ritiro della procedura di licenziamento e l’apertura di un tavolo di confronto per individuare soluzioni alternative.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edizione