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Attualità
19.10.2025 - 10:11
Foto di repertorio
Camminare per le vie del Veneto è, per chi sa osservare, come sfogliare un libro di storia scritto direttamente sui muri. Affreschi antichi che sbucano dai palazzi del centro storico, decorazioni che sfidano secoli di intemperie, simboli allegorici, santi, guerrieri, sirene, aquile e angeli: è il patrimonio delle cosiddette case affrescate, piccoli capolavori d’arte urbana che sopravvivono silenziosi in molte città venete.
Spesso passano inosservati, offuscati da insegne moderne o nascosti dietro restauri maldestri. Ma chi alza lo sguardo in piazze come Piazza dei Signori a Treviso, Piazza delle Erbe a Verona o lungo via del Santo a Padova, può scoprire una galleria d’arte all’aperto, stratificata nei secoli.
Nel Medioevo e nel Rinascimento, Treviso era conosciuta come urbs picta, la città dipinta. Qui l’arte non stava solo dentro le chiese: era ovunque. Alcuni edifici del centro sono completamente affrescati, spesso su più piani, con motivi floreali, scene mitologiche e ritratti. I decori avevano una funzione precisa: non solo bellezza, ma status sociale. Più ricca era la famiglia, più elaborata era la facciata.
Uno degli esempi più emblematici è Casa da Noal, oggi museo civico, che conserva affreschi cinquecenteschi e motivi gotici. In molti casi, i dipinti sono emersi solo durante restauri recenti, nascosti da strati di intonaco o da secoli di trascuratezza.
Fonte: Facebook Associazione per gli scambi artistici
Anche a Padova, specialmente nella zona tra via Altinate e via San Francesco, è possibile scorgere case decorate con simboli araldici, santi e riferimenti biblici. In certi casi, si trattava di protezione magico-religiosa, un po’ come accadeva con i capitelli: immagini sacre che “guardavano” la città, per proteggerla dal male.
Altri affreschi, più raffinati, erano veri e propri racconti visivi per i passanti: come la casa in via Dante che raffigura una battaglia con cavalli, elmi e alabarde. Scene che potrebbero essere tratte da episodi storici, oppure, secondo alcuni studiosi, da testi allegorici o epici dell’epoca.
A Verona, le facciate affrescate sono spesso un tripudio di colore. Spiccano quelle in Piazza delle Erbe, dove i palazzi sembrano sorreggere quadri a cielo aperto. La Casa Mazzanti, per esempio, conserva uno degli affreschi rinascimentali meglio conservati d’Italia, raffigurante divinità e allegorie della virtù.
Anche qui, però, molte opere sono state perse a causa del tempo, dell’umidità o dei restauri ottocenteschi che tendevano a “pulire” troppo. In certi casi, si è salvata solo la sinopia, ovvero il disegno preparatorio.
L’usanza di affrescare le facciate nasce con finalità civili e simboliche: oltre al gusto per la bellezza, c’era la volontà di raccontare il proprio potere, la propria cultura o le proprie radici familiari. Era una forma di comunicazione visiva, quando ancora il 90% della popolazione era analfabeta. Inoltre, gli affreschi spesso richiamavano modelli classici, segnando un legame con Roma antica, il mito e il sapere.
Oggi, questo patrimonio è minacciato da incuria, smog e turismo distratto. Ma progetti di restauro e iniziative culturali stanno cercando di riportare attenzione su queste opere. Alcune città organizzano tour tematici, altre digitalizzano le facciate per ricostruirle in 3D.
Sono dettagli che rischiamo di perdere, ma che ci raccontano un'epoca in cui l’arte abitava le città, non solo nei musei. Ogni affresco, ogni volto scolorito, ogni fregio araldico ha qualcosa da dire. Basta solo fermarsi, e guardare un po’ più su.
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