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16.10.2025 - 09:38
Foto di repertorio
«Il Paese è inerte. Lo Stato, culturalmente e politicamente, è antiautonomista. E i veneti, talvolta, sembrano persino autolesionisti». Non usa mezzi termini Mario Bertolissi, costituzionalista di lungo corso e già professore ordinario all’Università di Padova, intervenuto in diretta su Radio Veneto24 durante la trasmissione Buongiorno Veneto per fare il punto sull’iter dell’autonomia differenziata.
Un tema che, secondo Bertolissi, è sparito dai radar dell’opinione pubblica e del dibattito nazionale, ma che resta di centrale importanza per il futuro del Paese. Il disegno di legge sui livelli essenziali delle prestazioni (LEP), ha ricordato il giurista, è attualmente «nelle mani del ministro Calderoli». Tuttavia, «i tempi e i modi sono tutti da definire. Tocca allo Stato decidere, ma nulla vieta che si faccia, se c’è la volontà».
Il professore richiama il referendum consultivo del 22 ottobre 2017, in cui milioni di veneti si espressero a favore dell’autonomia: «Fu un voto trasversale, non solo della Lega. Zaia stesso lo ha sempre riconosciuto: era la volontà di un popolo, non di una parte politica». Eppure, a distanza di otto anni, il risultato resta senza concrete ricadute.
Secondo Bertolissi, l’impasse non è solo politico, ma culturale: «Viviamo in un Paese che non premia né chi chiede tutto, né chi chiede qualcosa, né chi non chiede nulla. Il risultato è sempre lo stesso: nulla di fatto. Questo dimostra che la nostra è una cultura nazionale ostile all’autonomia, a prescindere dal merito delle richieste».
Il costituzionalista ha poi criticato il modo in cui il tema è trattato sui media nazionali: «Quando si parla di sanità, ad esempio, il Sud dà la colpa al Nord per le diseguaglianze. Ma se i dati dicono che il Veneto è primo nei LEP, invece di prenderlo come esempio, si punta il dito su ciò che non funziona. È un modo distorto e poco costruttivo di affrontare la questione».
Tra citazioni storiche e riferimenti simbolici – da Menenio Agrippa a Canaletto – Bertolissi ha evidenziato come la richiesta di autonomia affondi le radici in una lunga tradizione culturale, che oggi viene però oscurata da pregiudizi e interessi centralisti. «La Roma di oggi non è la Roma antica, è quella del marchese del Grillo. Le bellezze sono antiche, le stupidaggini sono contemporanee», ha ironizzato.
E il futuro? «Ha senso restare fedeli a questa idea, continuare a proporla nei luoghi e nei modi giusti, senza abbassare il livello del dibattito. Dobbiamo convincere anche chi è contrario, mostrando che è nell’interesse del Paese, non solo del Veneto. Perché, come diceva Massimo Cacciari già nel 1997, non chiediamo altro che ci lascino fare».
Infine, l’ultimo ammonimento: «L’unione fa la forza. Ma se si corre la gara del rinnovamento con dei cavalli da tiro, e non con dei purosangue, sarà sempre difficile vincerla».
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