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Legambiente denuncia la dispersione di metano in Veneto: 65 punti critici nei gasdotti

Perdite significative nelle province di Rovigo, Padova, Vicenza e Venezia

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Foto di repertorio

In Veneto, la sesta tappa della campagna “C’è Puzza di Gas – Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso” di Legambiente ha messo in luce un dato preoccupante: su circa 15.000 punti di misura monitorati in 14 impianti a gas nelle province di Rovigo, Padova, Vicenza e Venezia, ben 65 hanno registrato concentrazioni superiori ai 500 ppm. Un valore che, secondo le normative europee, impone alle aziende di intervenire tempestivamente per riparare e sigillare le perdite.

Il metano, gas serra dalle potenti capacità inquinanti, è un grave fattore di accelerazione del riscaldamento globale, e Legambiente ha lanciato un allarme, sottolineando come il gas fossile contribuisca sempre più alle emissioni di gas climalteranti. Se nel 1990 il metano rappresentava l’11% delle emissioni, oggi il suo impatto è salito al 14%, con un impatto diretto sull’ambiente e sulla nostra qualità della vita. L’associazione ambientalista avverte: indebolire il Regolamento europeo sulle perdite di metano sarebbe un passo indietro che non possiamo permetterci.

Durante i monitoraggi effettuati dal 6 all’8 ottobre, i dati sono stati raccolti con l’impiego di un naso elettronico, uno strumento avanzato che, grazie alla tecnologia laser, ha permesso di misurare le concentrazioni di metano lungo le infrastrutture di distribuzione. I risultati evidenziano che, sebbene molte perdite siano di piccola entità, la somma di queste può generare un spreco enorme di risorse e contribuire significativamente all'aumento delle emissioni climalteranti.

Delle 14.641 misurazioni effettuate, il 48,2% ha registrato concentrazioni superiori a 10 ppm, un livello che segnala problematiche nella filiera del gas, con potenziali impatti sul clima e sulla salute. I dati, considerati cautelativi poiché le misurazioni sono state fatte a una certa distanza dagli impianti, potrebbero risultare ancora più allarmanti se i monitoraggi fossero stati effettuati a distanza ravvicinata.

La campagna, giunta alla terza edizione, ha messo in luce criticità in alcuni impianti specifici come quelli di Adria (RO), Campodarsego (PD) e Mirano (VE), che hanno registrato le concentrazioni più alte di metano. In particolare, le flange a Adria hanno mostrato livelli medi di metano pari a 659 ppm, con sforamenti che raggiungono anche i 1.000 ppm, segnali di una perdita significativa che richiede interventi urgenti.

Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente, ha dichiarato: “Il metano sta assumendo un peso sempre maggiore nel riscaldamento globale. È fondamentale agire per ridurre queste emissioni, che sono uno degli ostacoli principali alla decarbonizzazione. Interventi tempestivi e norme più stringenti sono necessari per tutelare l’ambiente e la salute delle persone".

Anche il presidente di Legambiente Veneto, Luigi Lazzaro, ha sottolineato l’importanza di non sottovalutare nemmeno le perdite numericamente minori, poiché "tante piccole dispersioni si sommano, creando un impatto enorme, non solo per il clima ma anche per le bollette energetiche degli utenti". La dispersione di metano, infatti, non solo contribuisce al cambiamento climatico, ma comporta anche uno spreco di risorse, costringendo l’Italia a dipendere maggiormente dalle importazioni di gas.

Legambiente ha anche evidenziato che ridurre le emissioni di metano è una delle azioni più efficaci per combattere il riscaldamento globale. Secondo l’IPCC, il metano è fino a 86 volte più climalterante della CO₂ nei primi 20 anni. La sua riduzione rappresenta quindi una delle leve più potenti e a basso costo per raggiungere gli obiettivi climatici, con impatti rapidi e positivi sul clima.

La campagna “C’è Puzza di Gas”, supportata dalla Methane Matters Coalition e dall'Environmental Investigation Agency, ha come obiettivo quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle perdite di metano e di promuovere un controllo rigoroso lungo tutta la filiera del gas, per evitare che le piccole dispersioni sfuggano al controllo e diventino una minaccia per il nostro futuro climatico.

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