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16.05.2022 - 13:43
Un allarme d’obbligo considerato che alcuni focolai sono stati segnalati ad inizio anno anche nel Nord Italia e che la diffusione è stata causata dai cinghiali, o meglio dal loro alto numero, che ormai interessa tutto il Paese. “Per quanto riguarda le competenze del Parco - spiega il presidente Paolo Masin - l’attenzione è al massimo. Il monitoraggio è quotidiano e l’attività, sia degli operatori del Parco che delle squadre dei cacciatori abilitati, è strategica per cogliere sul nascere l’inizio di un focolaio». Ma le “sentinelle” del territorio potrebbero diventare anche le tante persone che percorrono i sentieri del Parco, segnalando la presenza di qualche animale morto attraverso una mail indirizzata all’ente, in cui viene precisato il luogo del ritrovamento. Grazie a questi dati gli operatori del Parco poi sapranno recuperare l’animale e avviare i controlli di rito. «Ai visitatori raccomando la massima serenità - conclude Masin - Il morbo non è estendibile all’uomo, ma bisogna essere vigili e segnalare ogni ritrovamento che possa apparire sospetto ai nostri uffici preposti”. I timori più grandi infatti sono rivolti alle conseguenze che un possibile contagio potrebbe causare alle produzioni zootecniche suine, sia direttamente a causa della mortalità, sia indirettamente a causa delle restrizioni al commercio nazionale e internazionale di suini e prodotti derivati che la presenza dell’infezione implica. Giada ZandonàEdizione
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