Il punto con la direttrice dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, “situazione sotto controllo”
L’influenza aviaria ha flagellato gli allevamenti nel 2021 e all’inizio del 2022 con numeri impressionanti di focolai, ma al momento la situazione è sotto controllo. La Direttrice dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie Antonia Ricci fa il punto negli allevamenti del padovano. “Al momento la situazione è assolutamente favorevole. In Veneto abbiamo avuto quattro focolai negli allevamenti, l’ultimo risale al 24 novembre scorso a Verona e gli altri tre precedentemente nel padovano, quindi un numero molto esiguo, collegato al fatto che riusciamo a gestire la malattia in modo efficace. Sicuramente è fondamentale il lavoro delle Aziende Sanitarie Locali, dei veterinari, dei liberi professionisti, degli allevatori che rispettano le misure di biosicurezza con molta serietà evitando la diffusione del virus. Stiamo dimostrando che la situazione si può gestire con rapidità estinguendo i focolai”.L’esperienza ha insegnato a reagire alle emergenze, ma bisogna stare sempre all’erta, vero? “E’ strategica la sinergia tra pubblico e privato, perché la caratteristica del nostro territorio è proprio quella della densità di allevamenti avicoli e questo può essere il primo fattore di rischio. Se è vero che negli ultimi anni le positività negli allevamenti sono state molto limitate, non si può dire lo stesso per i selvatici, che fanno registrare nei nostri territori, come peraltro in tutta Europa e nel mondo, un numero elevatissimo di casi. Ormai l’infezione da virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (cosiddetti HPAI) riguarda non soltanto gli uccelli selvatici, ma molte specie di mammiferi selvatici, quali volpi, orsi, scoiattoli, procioni, mammiferi marini e anche cani e gatti. L’attenzione ai selvatici quindi deve essere massima, perché la malattia in queste specie può rappresentare un problema ecologico (alcune specie di uccelli migratori sono state decimate dall’arrivo del virus) e di minaccia agli allevamenti di tacchini, polli e anatre. Per questo motivo è indispensabile mantenere altissima l’attenzione sull’applicazione delle misure di biosicurezza (massima separazione fra l’esterno e l’interno dell’allevamento, controllo degli accessi, pulizia e disinfezione degli ambienti), per evitare che il virus, veicolato dagli uccelli selvatici, possa entrare negli allevamenti. A che punto è la ricerca sul vaccino? Nonostante in questo momento la situazione non sia di emergenza, abbiamo vari studi in corso sull’efficacia del vaccino, e stiamo lavorando anche per fare qualche test pilota proprio per farci trovare pronti, nel caso in cui si rendesse necessario utilizzare anche quest’arma in più. Ricordiamo infine che l’influenza aviaria potrebbe rappresentare anche un rischio per la salute umana e dunque, anche se al momento quest’eventualità appare remota, va sempre evitato di entrare in contatto con avicoli malati o morti, ad esempio nel caso di gabbiani, com’è capitato a Verona e sul lago di Garda l’anno scorso. Nessun rischio invece per quanto riguarda il consumo di carne avicola o uova, l’influenza non si trasmette per via alimentare”. Sulla peste suina africana invece com’è la situazione? “E’ una malattia molto grave per i suini, ma che non ha nessun impatto sulla salute umana. Non si trasmette all’uomo. C’è però una grandissima preoccupazione perché il virus è presente in Italia, anche in regioni limitrofe alla nostra, ma al momento non è arrivato in Veneto, né in Friuli, né in Trentino, quindi nel nostro territorio non c’è stato nessun caso. L’attenzione però rimane altissima ed è fondamentale il rispetto delle misure di biosicurezza da parte degli allevatori per evitare una possibile introduzione del virus negli allevamenti. Stiamo lavorando moltissimo per il controllo e la riduzione dei cinghiali in tutti i territori dove c’è una presenza molto elevata e i risultati si vedono. Grazie all’azione sinergica della Polizia Provinciale, del Parco Colli e dell’ASL, il lavoro sta funzionando molto bene. Ci sono delle precauzioni da prendere? L’appello che rivolgo a tutta la popolazione, agli agricoltori, ma anche agli escursionisti, è che qualora venga ritrovata la carcassa di un cinghiale, venga segnalata immediatamente alla Polizia Provinciale, perché uno dei modi per riuscire a contenere questa malattia è quello di identificare subito i primi casi. La peste suina si trasmette anche con i prodotti derivati dalla carne suina, salsicce, insaccati, che potrebbero provenire da zone infette dell’Europa dell’est ma anche extra europee, molto lontane da noi. E’ fondamentale quindi non abbandonare rifiuti che contengano questi residui nei boschi o comunque nell’ambiente, perché qualora un cinghiali mangi una salsiccia contaminata può infettarsi e trasmettere il virus ad altri animali. E negli allevamenti? "Anche in questo caso gli allevatori devono attenersi strettamente alle misure di biosicurezza e tra queste intendo le recinzioni, il cambio dei vestiti, degli stivali, l’igiene e la pulizia che devono diventare ossessive sia negli allevamenti che nelle zone filtro, cioè negli spogliatoi e in tutte le aree che dividono l’interno dall’esterno per evitare la malattia si diffonda nell’allevamento. Considerato che la presenza di PSA in un allevamento o anche solo nei cinghiali comporta l’applicazione di severe misure sanitarie in un’area molto vasta, un focolaio di questa malattia può generare significative perdite economiche dirette e indirette per un comparto che rappresenta un’eccellenza del made in Italy del nostro territorio”. Vincenzo Gottardo
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